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Licenziato il direttore dell’Fbi. Trump come Nixon?

by La Redazione
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Washington 10 mag. – “Per quanto apprezzi enormemente di essere stato informato, in tre diverse occasioni, di non essere sotto inchiesta, concordo tuttavia con la raccomandazione del dipartimento di Giustizia che non ti ritiene in grado di dirigere l’agenzia. È essenziale che troviamo una nuova leadership per l’Fbi, in grado di ristabilire la fiducia generale nella sua missione vitale“. Sono le parole contenute nella lettera di licenziamento che il presidente americano Donald Trump ha inviato al direttore dell’Fbi James Comey. Proteste al Congresso, dove i democratici che hanno paragonato Trump a Richard Nixon durante il Watergate.

Un licenziamento a sorpresa e con effetto immediato. James Comey stava indagando sui legami tra il comitato elettorale di Trump e la Russia, e ben prima aveva fermato l’indagine sulle email di Hillary Clinton. A caldeggiare il licenziamento è stato il vice ministro della Giustizia Rod Rosenstein che in una nota inviata al procuratore generale Jeff Sessions ha spiegato come “la reputazione e la credibilità dell’Fbi ha sofferto un grande danno” per il modo in cui Comey ha gestito “la conclusione dell’inchiesta sulle mail di Clinton”, riferendosi evidentemente al fatto che il direttore dell’Fbi ha stabilito che non vi erano prove sufficienti per procedere ad un’azione penale.

James Comey, 56enne repubblicano moderato, era stato nominato da Obama con un incarico decennale. Era un uomo apprezzato bipatrisan per il suo approccio apolitico. Ma quello tra Trump, o meglio la Casa Bianca, e Comey, però, è un rapporto cominciato sotto i peggiori auspici e già da mesi le due parti si guardavano con diffidenza. Il licenziamento arriva a una settimana dalla deposizione di Comey in Commissione Senato sull’indagine relativa all’emailgate. Ma i democratici fanno notare che il dossier sui rapporti tra lo staff di Trump e Mosca fosse per Comey ben più spinoso di quello sulla Clinton. Pare, infatti, che la stessa amministrazione stesse facendo pressioni su Comey affinchè indagasse con maggior forza le fughe di notizie che avevano portato alla conoscenza dell’inchiesta sui rapporti tra staff di Trump e Mosca. Ma lui temporeggiava e si concentrava sul contenuto dell’inchiesta più che sui rumors che l’avevano scatenata.

Quello che sorprende è che il licenziamento arrivi con una tempistica un po’ tardiva rispetto a quanto ci si potesse aspettare. Inoltre è proprio Rod Rosenstein, ad avere il ruolo di responsabile della supervisione delle indagini tra i rapporti tra l’amministrazione di Trump e il governo russo. Con la sua nota a Sessions, Rosenstein ha prestato il suo nome e la sua reputazione a una delle decisioni più allarmanti di Trump: licenziare il direttore dell’FBI che sta attualmente investigando la sua campagna per la collusione con la Russia. Nel 1973, all’epoca del Watergate, con il cosiddetto Saturday Night Massacre, Nixon licenziò lo special prosecutor Archibald Cox. E quello fu l’inizio della sua fine.

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