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Ginevra, 22 set – L’Onu ha nominato l’inviato dell’Arabia Saudita al Consiglio per i diritti umani (Unhrc) con sede a Ginevra, tale Faisal Trad, come capo del pannello di esperti – un gruppo di cinque ambasciatori conosciuto come Gruppo Consultivo – che sceglierà i candidati per più di 77 posizioni chiave all’interno del Consiglio.
“L’Onu – spiega un rappresentante di UN Watch, l’organizzazione non governativa dedicata al controllo dell’operato delle Nazioni Unite che ha sollevato l’imbarazzante questione – definisce questi esperti come i ‘gioielli della corona’ dei diritti umani anche se la scelta di una monarchia assoluta mina definitivamente la credibilità dell’organismo”.
A conferma ulteriore dell’estremo imbarazzo che deve aver percorso i grigi corridoi del carrozzone mondiale, UN Watch, che ha avuto accesso a documentazione riservata del 17 settembre scorso, denuncia che la nomina di Faisal Trad risalirebbe allo scorso giugno, ma è stata resa nota soltanto in questi giorni.
Ancora al maggio scorso risalirebbe tuttavia l’auto-candidatura saudita al vertice del consiglio per i diritti umani, tanto è vero che la stessa UN Watch aveva fin da allora fatto appello all’Alto rappresentate dell’Unione europea per la politica estera, Federica Mogherini, e all’ambasciatrice Usa all’Onu, Samantha Power, di “denunciare quest’atto di cinismo che consegnerebbe la commissione ad un paese che taglia le teste in piazza e segrega le donne”. Appello caduto nel vuoto pneumatico dello spazio tra la Mogherini che non conta assolutamente niente e la neocon Samantha che avrebbe venduto sua madre pur di non tradire l’alleato saudita.
Ironicamente, pochi giorni prima della sua auto-candidatura, Ryiad aveva diffuso un annuncio per il reclutamento di otto nuovi boia necessari per far fronte all’impennata di esecuzioni capitali – già 135 fino al 15 settembre scorso, contro le 88 di tutto l’anno 2014, mentre è notizia di questi giorni la conferma della condanna a morte per decapitazione e crocifissione (in questo ordine) di un giovanissimo dissidente.
È così che, nonostante tutto, terminata il prossimo dicembre la presidenza tedesca del Consiglio per i diritti umani, sarà la petromonarchia teocratica a sovrintendere al rispetto dei diritti umani nel mondo.
Tra le grandi potenze che contano nell’Onu, passi per gli Stati Uniti, alleati strategici dell’Arabia Saudita nella guerra dei gasdotti e per questa via, più o meno direttamente, dei tagliagole combattenti in Siria e Iraq, inoltre improvvisamente di nuovo assetati di petrolio in ragione del declino della propria produzione interna, nonché essi stessi in buona posizione nella classifica globale delle esecuzioni, così come la Cina che, in ogni caso, non ammette interferenze nella gestione degli affari interni, e passi pure per la Russia che, in materia, notoriamente non si pronuncia (e che comunque da due decenni ha di fatto, se non ancora di diritto, abolito le condanne capitali).
Fa invece impressione e scandalizza il silenzio dell’Europa campione dei diritti umani, sempre pronta a scagliarsi contro gli autoritarismi veri o presunti (scambiando talvolta autorevolezza e consenso per autorità imposta). Forse il buonismo di comodo è arrivato fino a questo inedito punto di non ritorno?
Francesco Meneguzzo
Ginevra, 22 set – L’Onu ha nominato l’inviato dell’Arabia Saudita al Consiglio per i diritti umani (Unhrc) con sede a Ginevra, tale Faisal Trad, come capo del pannello di esperti – un gruppo di cinque ambasciatori conosciuto come Gruppo Consultivo – che sceglierà i candidati per più di 77 posizioni chiave all’interno del Consiglio.
“L’Onu – spiega un rappresentante di UN Watch, l’organizzazione non governativa dedicata al controllo dell’operato delle Nazioni Unite che ha sollevato l’imbarazzante questione – definisce questi esperti come i ‘gioielli della corona’ dei diritti umani anche se la scelta di una monarchia assoluta mina definitivamente la credibilità dell’organismo”.
A conferma ulteriore dell’estremo imbarazzo che deve aver percorso i grigi corridoi del carrozzone mondiale, UN Watch, che ha avuto accesso a documentazione riservata del 17 settembre scorso, denuncia che la nomina di Faisal Trad risalirebbe allo scorso giugno, ma è stata resa nota soltanto in questi giorni.
Ancora al maggio scorso risalirebbe tuttavia l’auto-candidatura saudita al vertice del consiglio per i diritti umani, tanto è vero che la stessa UN Watch aveva fin da allora fatto appello all’Alto rappresentate dell’Unione europea per la politica estera, Federica Mogherini, e all’ambasciatrice Usa all’Onu, Samantha Power, di “denunciare quest’atto di cinismo che consegnerebbe la commissione ad un paese che taglia le teste in piazza e segrega le donne”. Appello caduto nel vuoto pneumatico dello spazio tra la Mogherini che non conta assolutamente niente e la neocon Samantha che avrebbe venduto sua madre pur di non tradire l’alleato saudita.
Ironicamente, pochi giorni prima della sua auto-candidatura, Ryiad aveva diffuso un annuncio per il reclutamento di otto nuovi boia necessari per far fronte all’impennata di esecuzioni capitali – già 135 fino al 15 settembre scorso, contro le 88 di tutto l’anno 2014, mentre è notizia di questi giorni la conferma della condanna a morte per decapitazione e crocifissione (in questo ordine) di un giovanissimo dissidente.
È così che, nonostante tutto, terminata il prossimo dicembre la presidenza tedesca del Consiglio per i diritti umani, sarà la petromonarchia teocratica a sovrintendere al rispetto dei diritti umani nel mondo.
Tra le grandi potenze che contano nell’Onu, passi per gli Stati Uniti, alleati strategici dell’Arabia Saudita nella guerra dei gasdotti e per questa via, più o meno direttamente, dei tagliagole combattenti in Siria e Iraq, inoltre improvvisamente di nuovo assetati di petrolio in ragione del declino della propria produzione interna, nonché essi stessi in buona posizione nella classifica globale delle esecuzioni, così come la Cina che, in ogni caso, non ammette interferenze nella gestione degli affari interni, e passi pure per la Russia che, in materia, notoriamente non si pronuncia (e che comunque da due decenni ha di fatto, se non ancora di diritto, abolito le condanne capitali).
Fa invece impressione e scandalizza il silenzio dell’Europa campione dei diritti umani, sempre pronta a scagliarsi contro gli autoritarismi veri o presunti (scambiando talvolta autorevolezza e consenso per autorità imposta). Forse il buonismo di comodo è arrivato fino a questo inedito punto di non ritorno?
Francesco Meneguzzo