Emmanuel Macron, quanto a lui, si è limitato a recitare il suo credo liberal-libertario, non esitando a mentire scientemente a più riprese al fine di affrancarsi dal bilancio del governo Hollande di cui, tuttavia, è stato uno dei membri più attivi. Cercando di passare per un “uomo nuovo”, pur essendo circondato da tutti i vecchi spaventapasseri della V Repubblica (BHL, Pierre Bergé, François Bayrou, Daniel Cohn-Bendit…), il candidato di En Marche ha voluto centrare il dibattito sulle questioni economiche, individuate come “punto debole” del Front National. Ma, troppo tecnico e cavilloso, ha convinto a malapena. Ci si sorprenderà, in particolar modo, per il poco spazio accordato alle problematiche dell’immigrazione, che invece è la preoccupazione maggiore dei francesi e cavallo di battaglia tradizionale del partito di Marine Le Pen.
In ogni caso, l’insieme del dibattito ha mancato tragicamente di altezza di vedute, di prospettive a lungo termine e di serenità. Come ha detto Jean-Marie Le Pen, “si è trattato più di un dibattito fra capi di partito che non di candidati alle presidenziali”. Alla fine, restano solo qualche battuta e gioco di parole, in special modo quelli della candidata patriottica, che ha affermato che “la Francia sarà comunque governata da una donna, o me o Angela Merkel” e poi ha dichiarato che il suo avversario è “il candidato del potere di acquistare la Francia”. Niente di molto brillante rispetto alle sfide di civiltà vitali con le quali la Francia si deve confrontare. Un dibattito che non segnerà né la storia della televisione né quella politica. Da dimenticare.
Xavier Eman