Parigi, 4 mag – È una curiosa impressione quella che emerge dal molto (troppo?) atteso dibattito del secondo turno delle elezioni presidenziali francesi. Su entrambi i versanti, ci si sarebbe voluti entusiasmare per questo confronto tra due visioni politiche radicalmente opposte nel corso di una serata televisiva che, secondo certi osservatori, era suscettibile di far cambiare il risultato dell’elezione. Ora, dopo quasi tre ore di scambi veementi ma anche raffazzonati, è un sentimento di delusione, quasi di pena, che domina. Nessun candidato ha davvero sorpassato l’altro, i due si sono mostrati nervosi, imprecisi, confusi e agitati. Tanto rumore per nulla, si sarebbe tentati di commentare…Difficile, in effetti, non sentire un retrogusto di mediocrità davanti a questa zuffa un po’ infantile e molto amatoriale. Marine Le Pen, offensiva ma maldestra, non è riuscita a uscire dal suo ruolo di leader dell’opposizione populista per rassicurare e incarnare un vero progetto presidenziale unificatore.
Emmanuel Macron, quanto a lui, si è limitato a recitare il suo credo liberal-libertario, non esitando a mentire scientemente a più riprese al fine di affrancarsi dal bilancio del governo Hollande di cui, tuttavia, è stato uno dei membri più attivi. Cercando di passare per un “uomo nuovo”, pur essendo circondato da tutti i vecchi spaventapasseri della V Repubblica (BHL, Pierre Bergé, François Bayrou, Daniel Cohn-Bendit…), il candidato di En Marche ha voluto centrare il dibattito sulle questioni economiche, individuate come “punto debole” del Front National. Ma, troppo tecnico e cavilloso, ha convinto a malapena. Ci si sorprenderà, in particolar modo, per il poco spazio accordato alle problematiche dell’immigrazione, che invece è la preoccupazione maggiore dei francesi e cavallo di battaglia tradizionale del partito di Marine Le Pen.
In ogni caso, l’insieme del dibattito ha mancato tragicamente di altezza di vedute, di prospettive a lungo termine e di serenità. Come ha detto Jean-Marie Le Pen, “si è trattato più di un dibattito fra capi di partito che non di candidati alle presidenziali”. Alla fine, restano solo qualche battuta e gioco di parole, in special modo quelli della candidata patriottica, che ha affermato che “la Francia sarà comunque governata da una donna, o me o Angela Merkel” e poi ha dichiarato che il suo avversario è “il candidato del potere di acquistare la Francia”. Niente di molto brillante rispetto alle sfide di civiltà vitali con le quali la Francia si deve confrontare. Un dibattito che non segnerà né la storia della televisione né quella politica. Da dimenticare.
Xavier Eman