Roma, 5 apr โ Il caos genera sempre altro caos. E i venti di guerra che soffiano in Libia rischiano di arrecare seri danni all’Italia. Dal 2011 l’ex colonia italiana non รจ piรน uno Stato unito, ma almeno da quattro anni si era verificata una sostanziale calma piatta, nonostante le divisioni interne. Sia il governo di Tripoli (sostenuto dall’Italia) che controlla l’ovest della Libia, sia quello di Tobruk (sostenuto in particolare da Francia e Russia) che con il pugno duro del generale Khalifa Haftar controlla l’est, avevano consolidato le proprie posizioni. Qualche schermaglia ma nulla di apparentemente preoccupante, tanto che il premier Giuseppe Conte a fine 2018 parlava di un โ2019 come anno della svolta in Libiaโ, dicendosi convinto che avrebbe portato a โun percorso di pace e stabilitร โ.
Il dietrofront di Conte
Ieri Conte si รจ dovuto ricredere: โLa via degli scontri armati rischia di alimentare una escalation di violenza destinata ad allontanare anzichรฉ ad avvicinare un percorso di pace e stabilitร a cui ha pieno diritto il popolo libico”. Difatti, proprio in occasione della visita a Tripoli delย segretario generale dellโOnu Antonio Guterres, l’Esercito nazionale libico del generale Haftar ha iniziato una lenta avanzata verso la capitale libica (o meglio, ad essere piรน realistici, l’ex capitale della Libia unita). Il primo ministro italiano ha invocato โun percorso politico sotto la guida delle Nazioni Uniteโ, ma con tutta evidenza ben pochi credono davvero che l’Onu sia in grado di poter svolgere adesso un ruolo da mediatore. Se non altro perchรฉ le svariate milizie libiche e Haftar non sembrano considerare molto l’opinione delle organizzazioni internazionali.
Non a caso il portavoce militare del generale che controlla la Cirenaica e minaccia adesso di occupare il resto del Paese, ha dichiarato senza mezzi che le sue truppe โsi fermeranno soltanto dopo aver conquistato Tripoliโ. Per tutta risposta il governo di al-Sarraj ha lanciato un’operazione per contrastare l’avanzata di Haftar, chiamandola โWadi Doum 2โ. Un nome evocativo, che deriva dalla pista d’atterraggio fatta costruire da Gheddafi nel nord del Ciad, esattamente dove Haftar (al tempo generale dell’ex leader libico) fu sconfitto e fatto prigioniero dalla forze ciadiane. Correva l’anno 1987.
I tre fronti preoccupanti per l’Italia
Stamani il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha dichiarato di essere โpreoccupato per la situazione in Libiaโ e che dopo un incontro bilaterale con il Dipartimento di Stato americano puรฒ dirci che โgli Stati Uniti fanno affidamento sull’Italia per la stabilitร dell’areaโ. Peccato che sono almeno due anni che Trump non spende una parola sulla Libia, avendola ufficiosamente, appunto, affidata all’Italia. Una delega da padre padrone che a ben vedere non ha dato i frutti sperati. Adesso l’escalation militare nella nazione nordafricana, giร spaccata in piรน parti, rischia di aggravare la situazione italiana almeno su tre fronti: terrorismo, immigrazione ed energia.
Una nazione araba in guerra favorisce inevitabilmente, come abbiamo visto nel recentissimo passato, la diffusione di gruppi jihadisti. L’Isis in Libia non รจ affatto morto, รจ dormiente ma pronto a tornare ad alzare la testa. Questo significa che non sono cosรฌ improbabili eventuali attentati in Europa. Anche perchรฉ la guerra agevola pure i flussi migratori, visto il caos generale che porta con sรฉ. C’รจ poi la questione Eni, i cui stabilimenti tornano ad essere seriamente minacciati. Siamo insomma di fronte a una patata bollente che non possiamo ignorare, pena contraccolpi devastanti.
Eugenio Palazzini
1 commento
Non รจ solo un dramma…sono CAZZI!!
Secondo me sono conflitti creati a tavolino per destabilizzare la Libia ed avere una scheggia impazzita alle porte dell’Italia.