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Perché Kaliningrad è strategica e perché il blocco delle merci può innescare una guerra in Europa

by La Redazione
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Roma, 24 giu – Dopo oltre cento giorni di guerra, le tensioni tra Occidente e Russia erano destinate ad infiammarsi anche in una delle regioni più militarizzate del pianeta. Con la decisione di bloccare il flusso delle merci per via ferroviaria verso l’oblast’ strategica di Kaliningrad, la Lituania ha esposto l’intera Alleanza atlantica al rischio di un coinvolgimento diretto con la Russia.
Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha definito l’azione “un atto senza precedenti” che viola ogni regola possibile, perché estende le sanzioni dell’Unione europea al transito delle merci”. Il MdE lituano Gabrielius Lansbergis ha replicato di eseguire semplicemente le linee guida della Commissione europea in materia si sanzioni, declinando la responsabilità della decisione del blocco su Bruxelles. Ha poi minimizzato che il blocco riguardava soltanto il 50% delle merci.

Kaliningrad, perché è strategica e perché rischiamo la guerra in Europa

Il Cremlino considera il provvedimento del governo lituano come un “atto ostile” e ha fatto sapere tramite il ministero degli Esteri che “la Russia si riserva il diritto di agire in difesa dei propri interessi, nel caso in cui la Lituania non revocherà il blocco di transito delle merci tra Kaliningrad ed il resto della Federazione”. Intanto nella regione le persone in preda al panico hanno preso d’assalto i supermercati per fare scorta di viveri e merci. A far infuriare Mosca è comunque stato il blocco che riguarda materie prime, come ferro e acciaio, più materiale tecnologico indispensabile per una fortezza militare come Kaliningrad, dotata di bombardieri e sottomarini nucleari, sistemi antinave, i temutissimi missili nucleari Iskander, più i nuovissimi Sarmat.

Il valore strategico-militare della regione di Kaliningrad è quindi fondamentale per Mosca che con un eventuale ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato vedrebbe il suo raggio operativo nel Mar Baltico ridursi drasticamente. Il conflitto ucraino rischierebbe quindi di trovarsi aperto un altro fronte, qualora i russi decidessero di forzare il “corridoio di Suwalki”, la striscia di terra di90 chilometri che divide la Bielorussia dall’oblast’ di Kaliningrad. Tale corridoio è infatti ritenuto da vari analisti e generali americani come il “tallone d’Achille” della Nato, in quanto basterebbe solo qualche ora per l’esercito russo per sigillare il passaggio e tagliare i rifornimenti di armi e contingenti dal resto dell’Alleanza ed isolare le tre Repubbliche Baltiche. Ovviamente un’ipotesi del genere aprirebbe scenari apocalittici con l’incubo di funghi atomici. L’ipotesi sembra razionalmente remota, dato che l’esercito russo è ancora impegnato nella conquista del Donbass, ma la situazione rimane molto tesa e non va sottovalutata. Specie perché le reazioni del Cremlino, dati i toni di alcuni esponenti della Duma, potrebbero essere imprevedibili e non limitate alle dichiarazioni verbali.

Leggi anche: Osservare Kaliningrad, l’ultimo avamposto russo nel cuore d’Europa

Il ruolo della Lituania

La Lituania è l’unico paese ad aver dichiarato la Russia uno “Stato terrorista”, è uno dei Paesi europei più russofobici e ha costantemente provocato Mosca nel suo “estero vicino” anche durante il tentativo di rivoluzione colorata in Bielorussia nel 2020, dando asilo a dissidenti politici e a varie “radio libere”. Inoltre, dopo il 24 febbraio, è stata tra le nazioni più intransigenti nell’applicazione delle sanzioni. L’ostilità di Vilnius é stata ricambiata da Mosca, tanto che alla Duma qualche parlamentare si è espresso per la revoca dello statuto di indipendenza della piccola Repubblica lituana. Difficile capire se la Lituania operi in autonomia o se dietro ci sia la regia dei polacchi o degli americani. Di certo però il blocco deliberato del transito delle merci, seppur concordato con la Commissione europea, mette a rischio la sicurezza di tutta l’Europa e ancora non sappiamo quali saranno le ritorsioni russe. Proprio in queste ore il falco Nikolaj Patrushev, segretario del Consiglio di sicurezza e uomo molto vicino a Vladimir Putin, ha dichiarato che la Lituania pagherà per il blocco di Kaliningrad.

Il progetto Intermarium

L’escalation di tensione nel Baltico dimostra l’attuale incompatibilità degli interessi strategici dei membri storici, più importanti per dimensione economica e demografica, con quelli dei Paesi di recente adesione dell’Europa orientale. Germania, Francia ed Italia continuano nel voler inviare armi all’Ucraina ma sono lacerate al proprio interno da una opinione pubblica recalcitrante ad appoggiare senza indugio il governo di Kiev, per timore di un allargamento del conflitto e delle conseguenze economiche legate ad esso. L’Europa Baltica, guidata dalla Polonia, ha in mente di restaurare una sua sfera di influenza riprendendo il progetto Intermarium, una dottrina geopolitica ideata tra l’otto e il novecento dal presidente maresciallo Josef Pilsudki che prevedeva la ricostruzione, dopo la la dissoluzione dell’impero zarista, di una “Grande Polonia”. Tale progetto assunse una rilevante importanza nel periodo interbellico ed era fondato sull’idea che la Russia fosse il principale pericolo per la Polonia e che pertanto Varsavia avrebbe dovuto capeggiare e sostenere quelle nazioni e quei gruppi etnici (finlandesi, baltici, ucraini, caucasici) desiderosi di ottenere l’indipendenza dallo Stato russo e al contempo provocarne lo sfaldamento dall’interno. Altro principio ispiratore era la ricostituzione della Confederazione polacco-lituana (Rzeczpospolita) estesa, con l’inclusione di Lituania, gran parte di Bielorussia e Ucraina. Un istmo tra Mar Baltico e Mar Nero in grado di interporsi tra Europa occidentale e Russia. Da un punto di vista strategico l’Intermarium era volto a contrastare l’espansione tedesca ad ovest e russa ad est, rappresentando una “Terza Europa”.

Dopo la dissoluzione dell’Impero sovietico, il progetto Intermarium è riemerso nel dibattito geopolitico polacco nel tentativo di offrire una nuova visione nelle politica estera per la Polonia. La ritrovata indipendenza degli Stati baltici, della Bielorussia e dell’Ucraina hanno ridato slancio all’antica ambizione polacca di una alleanza tra nazioni dell’Europa centro-orientale tra Mar Baltico e Mar Nero. Al contempo, la disgregazione della Jugoslavia e la nascita di entità politiche indipendenti affacciate sul Mar Adriatico, aveva esteso l’idea di collegamento e collaborazione tra i “tre mari”. Ma dopo questa breve introduzione, é necessario ricondurre l’Intermarium ai giorni nostri e al ruolo che esso riveste nel conflitto russo-ucraino.

La connotazione atlantista dell’Intermarium

Il disegno della “Grande Polonia” o riedizione in chiave contemporanea di una Confederazione polacco-lituana, trova il sostegno di Washington, che vede nella “New Europe” (nuovi membri dell’Europa centro-orientale) uno strumento per separare la “Vecchia Europa” dalla Federazione Russa. Il progetto Intermarium si è rivelato un utilissimo strumento della politica estera americana, che in questo modo ha potuto sorvegliare l’area post-sovietica, collocando nelle repubbliche di nuova indipendenza governi filo-atlantici e ostili alla Russia. In tale ottica va vista l’aspirazione di Varsavia (condivisa tacitamente da Mosca) di dividere l’Ucraina in due, incorporandone la parte occidentale che la Polonia rivendica come territorio della propria storia nazionale.

Gli obiettivi dei Baltici e della Polonia stridono fortemente con gli interessi degli altri Paesi dell’Unione europea e finiscono per alimentare delle tensioni iniziate a EuroMaidan nel 2014. L’Europa paga lo scotto di aver assecondato i voleri degli Usa di espandersi sempre più ad est. I Paesi di nuova adesione hanno beneficiato dei contributi economici e del sostegno militare dei membri più forti dell’Ue nel loro esclusivo interesse. Ora però pretendono di dettare l’agenda della politica estera europea spingendoci in un coinvolgimento diretto contro Mosca ed esponendoci al rischio di una guerra nucleare. Con la crisi del corridoio di Kaliningrad i nodi vengono al pettine e la linea che ci separa dalla terza guerra mondiale è lunga appena 90 chilometri.

Armando Tulli

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