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Piloti: la maggior parte soffre di depressione ma non lo dice

by Marta Stentella
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cabinaBerlino, 6 apr – Uno studio diffuso dal quotidiano tedesco “Bild”, rivela che la maggior parte dei piloti che soffrono di depressione nasconde la malattia alla compagnia aerea o alle autorità dell’aviazione. La notizia è comparsa nelle pagine dedicate al disastro aereo del volo GermanWings. Il copilota tedesco Andreas Lubitz che ha fatto schiantare intenzionalmente l’aereo, con 150 persone a bordo, avrebbe nascosto la propria depressione.

Secondo il quotidiano, quello del copilota tedesco non è un caso isolato. Infatti, una ricerca condotta da Anthony Evans, direttore del dipartimento di medicina dell’Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile (Icao), risalente al novembre 2013, mostra che più della metà dei piloti che soffrono di forme depressive, circa il 60%, non lo comunica e decide di continuare a volare. Lo studio, condotto su 1.200 persone, è frutto di una lunga analisi, con dati raccolti tra il 1997 e il 2001. Il 15% decide di curarsi in segreto mentre solo il 25% comunica alla compagnia di sottoporsi a terapie.

Si sottovaluta che il lavoro è un’attività psicosociale, legata agli investimenti emotivi, affettivi e relazionali di ogni individuo, fortemente connessi ai fattori che formano la vita aziendale, organizzativa e produttiva, in una situazione di reciproca influenza. Tutto ciò ha importanti ricadute sulla soggettività dei lavoratori e sul clima organizzativo.

Lo stress è oggi al secondo posto tra i disagi legati all’attività professionale. I dati statistici rilevano che esso colpisce un lavoratore europeo su quattro, ma si ritiene che il numero delle persone coinvolte sia destinato ad aumentare.

Carichi di lavoro eccessivi, mancanza di chiarezza sui ruoli, gestione inadeguata dei cambiamenti organizzativi, precarietà del lavoro, comunicazione inefficace, mancanza di sostegno da parte dei colleghi o dei superiori, molestie psicologiche e sessuali sono solo alcune condizioni di lavoro che possono comportare rischi psicosociali.

Lo stress cronico che ne deriva può favorire e influenzare il decorso di varie patologie psichiatriche come ad esempio quelle depressive ma non bisogna comunque dimenticare che lo stress è solo uno dei fattori legati alla depressione e che incidono fortemente le caratteristiche di personalità, la disposizione genetica e il supporto sociale.

Gestire lo stress lavoro-correlato dovrebbe essere un imperativo morale oltre che un dovere giuridico ma purtroppo la situazione è ben diversa. In una indagine europea tra le imprese sui rischi nuovi ed emergenti (Esener, 2009) circa 8 dirigenti europei su 10 hanno espresso preoccupazioni riguardo allo stress lavoro-correlato; tuttavia meno del 30% ha ammesso di aver attuato procedure per affrontare i rischi psicosociali.

Sebbene spetti ai datori di lavoro la responsabilità giuridica di garantire la corretta valutazione e il controllo dei rischi sul lavoro, è indispensabile che gli stessi lavoratori possano essere liberi di chiedere aiuto e di dichiarare il proprio malessere psicologico. Ciò sembra non essere applicabile soprattutto per specifiche professioni che sono però le stesse ad essere maggiormente soggette a rischio psicosociale. I lavoratori preferiscono sottacere le proprie “sofferenze” per la paura di essere emarginati, licenziati, o bollati come “pazzi”. È auspicabile, in questo senso, attuare dei progetti di prevenzione affinché le persone possano essere considerate in quanto tali e non come meri mezzi di profitto.

Marta Stentella

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