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Prosegue la battaglia per Tripoli. Ritirato contingente Usa: verso escalation

by Ludovica Colli
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Tripoli, 8 apr – Prosegue la battaglia per Tripoli tra forze del governo di Accordo nazionale (Gna) e l’Esercito nazionale libico del generale Khalifa Haftar. Jet del Gna hanno colpito la base aerea di al Watiyah, 130 chilometri a Sud-est della capitale, sotto il controllo delle forze di Haftar. Lo ha riferito l’emittente locale al-Ahrar, sottolineando che è l’unica base controllata nei pressi di Tripoli. Secondo la tv, la base è stata utilizzata per lanciare raid aerei sulla capitale contro le postazioni delle forze fedeli al governo riconosciuto dall’Onu. Il governo di Tripoli ha fatto scattare l’operazione “Vulcano di rabbia” per contrastare Haftar con l’aiuto degli uomini di “Bunian al Marsus“, la coalizione di milizie che nel 2017 ha sconfitto l’Isis a Sirte. Il contrattacco è stato lanciato verso il distretto di Giofra, dove si trovano le forze dell’autoproclamato Esercito nazionale libico. L’Onu ha chiesto un cessate il fuoco umanitario di due ore per evacuare civili e feriti dalla periferia sud, ma l’appello è caduto nel vuoto. Il premier, Fayez al Serraj, riconosciuto dalla comunità internazionale, ha accusato il rivale Haftar di “tradimento” e di tentare un golpe. “Abbiamo teso le nostre mani verso la pace”, ha dichiarato in tv, “ma dopo l’aggressione da parte delle forze di Haftar e la sua dichiarazione di guerra contro le nostre città e la nostra capitale non troverà nient’altro che forza e fermezza”.

Usa: “Stop subito all’attacco contro Tripoli”

Intanto “gli Stati Uniti sono profondamente preoccupati” per la situazione libica, sottolineando di opporsi “all’offensiva militare delle forze del generale Haftar e chiediamo l’arresto immediato delle operazioni contro la capitale libica” ha affermato il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, chiedendo che “tutte le forze ritornino nelle loro posizioni precedenti” all’inizio degli scontri. “Le parti coinvolte hanno la responsabilità di ridurre le tensioni, come affermato dal Consiglio di Sicurezza e dal G7 il 5 aprile” aggiunge il capo della diplomazia Usa in un comunicato diffuso dal dipartimento di Stato. “La campagna militare unilaterale contro Tripoli mette in pericolo la popolazione civile e soffoca la possibilità di ottenere un futuro migliore per tutti i libici” prosegue la dichiarazione di Pompeo. “Non c’è soluzione militare per il conflitto in Libia – ribadisce il segretario di Stato -. Per questo gli Stati Uniti continuano, con i nostri partner internazionali, a fare pressione sui leader libici affinché ritornino al tavolo dei negoziati con la mediazione dell’Onu”, perché “una soluzione politica è l’unica via per unificare il Paese e offrire un piano di sicurezza, stabilità e prosperità per tutti i libici”. A causa della situazione di incertezza, gli Stati Uniti hanno richiamato un proprio contingente dalla Libia (a supporto di Africom) mentre alcuni diplomatici statunitensi hanno lasciato Palm City, a una ventina di chilometri da Tripoli. Segno che Washington si attende una ulteriore escalation.

L’Italia chiede di evitare un bagno di sangue

 Il premier Giuseppe Conte ha chiesto di scongiurare un bagno di sangue: “La Libia è un dossier che seguo personalmente da tempo”, ha ricordato a margine di Vinitaly, a Verona, “già nella conferenza di Palermo si era evidenziata l’esigenza di prevenire l’escalation di violenza. Adesso si sta manifestando. Confido che il generale Haftar, col quale sono costantemente in contatto, voglia evitare bagni di sangue“. Da Dinard, in Francia, i ministri degli Esteri del G7 hanno chiesto a “tutte le parti coinvolte di interrompere immediatamente ogni azione militare e ogni ulteriore movimento verso Tripoli, ribadendo che “non esiste una soluzione militare”. Per ora l’inviato Onu per la Libia, Ghassan Salamé, ha confermato la Conferenza nazionale sulla Libia in programma dal 14 al 16 aprile a Ghadames, nel Sud-ovest del Paese, “a meno che circostanze considerevoli non ce lo impediscano”.

Il bilancio della battaglia

Al momento è di almeno 32 morti e 50 feriti il bilancio dell’offensiva lanciata giovedì scorso dalle forze del generale Haftar. Lo ha reso noto il ministro della Sanità del governo di concordia nazionale, Ahmed Omar, in una dichiarazione all’emittente Libya al Ahrar. Il ministro ha precisato che la maggior parte delle vittime sono civili, ma non ne ha precisato il numero. Sabato, invece, l’autoproclamato Esercito nazionale libico ha reso noto di aver perso 14 uomini nei combattimenti.

Ludovica Colli

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