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Reportage Sudafrica /4: i rapporti fra etnie e l’apartheid

by Federico Depetris
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Un discendente dei coloni inglesi: “I rapporti tra bianchi e neri erano migliori durante l’apartheid”

Kiepersol,17 ott – A poca distanza dalla frontiera con il Mozambico visito la tenuta di Kurt, un omone barbuto sulla 60ina, sposato con Lylin, una deliziosa signora il cui volto tradisce la sua discendenza britannica. Per giungere alla tenuta, una costruzione di inizio 900 immersa in colline verdi e rigogliose, percorro circa due chilometri su una strada sterrata e stretta. In vista dell’abitazione vengo fermato da un guardiano di colore, che mi saluta sorridente mentre varco uno spesso cancello in ferro battuto. Kurt mi attende fuori dall’uscio della sua fattoria circondato dai suoi cani. Mi stringe calorosamente la mano e mi chiede subito se ho visto qualche animale nei due km di strada sterrata che ho fatto per raggiungerlo. Gli spiego che ho incrociato diverse scimmiette. “Peccato. Avresti potuto vedere un leone o un leopardo. So che alcuni grossi felini vivono dentro la mia proprietà”.

Kurt e la sua famiglia vivono coltivando frutta e offrendo ospitalità ai turisti. “Non sono boero – mi spiega – sono di madrelingua inglese, ma sono africano al 100 % . Siamo originari della Rhodesia. Nel 1979, poco prima della caduta del paese nelle mani di Mugabe abbiamo lasciato la nostra terra d’origine. Sapevamo che per noi bianchi non ci sarebbe stato più posto nello Zimbawe. Tanti miei amici e parenti sono partiti l’anno successivo. In molti sono andati negli Usa, io e tanti altri, invece, non abbiamo voluto lasciare l’Africa. Questa è casa nostra. Siamo venuti così a vivere in Sudafrica. Chi è rimasto in Rhodesia, invece, presto o tardi ha dovuto fare i conti con il pazzo di Mugabe. In tanti sono stati uccisi”.

La casa di Kurt è piena di oggetti di antiquariato risalenti al 1800. Kurt colleziona anche vecchie pagine dei giornali e foto che ritraggono coloni britannici, trekkers boeri, pionieri ed esploratori. Ci tiene a mostrare la storia sua e del suo popolo. “Sono in grado di risalire ai miei parenti sino al 18° secolo, quando i miei avi lasciarono il Galles per stabilirsi in africa meridionale”, Mi dice con orgoglio. “Quando i primi pionieri ed esploratori sono giunti in africa meridionale qui non c’era nulla. I neri erano pochi e per lo più confinati nella zona sud est. Boeri e rhodesiani hanno coltivato, costruito strade e ponti, creato rigogliose attività commerciali ed industriali. Abbiamo costruito noi l’africa meridionale e l’abbiamo trasformata in una regione ricca, pacifica e prospera”.

I problemi – mi spiega Kurt – sono iniziati con la guerra fredda e la decolonizzazione. Gli europei hanno lasciato le loro colonie in balia di sanguinari psicopatici e tutta l’Africa è piombata nel caos. La Rhodesia ed il Sudafrica erano circondati da stati comunisti, guidati da gruppi armati privi di ogni scrupolo che volevano impadronirsi di tutto quello che avevamo costruito nei secoli. La colpa è per lo più degli inglesi. Li odio. Hanno sempre e solo voluto sfruttare questo angolo del mondo. Hanno imprigionato e massacrato i boeri, hanno abbandonato noi della Rhodesia imponendoci sanzioni commerciali e lasciandoci nelle mani di Mugabe, che Londra finanziava e armava. Ora, dopo 30 anni, sono tutti bravi a dire che Mugabe è un criminale. La mia gente lo sosteneva sin dagli anni ’70, quando però tutte le democrazie occidentali lo coccolavano.”

Kurt non usa mezzi termini contro i britannici:“Gli inglesi per sfruttare meglio le nostre risorse hanno bisogno di interloquire con persone corrotte, non preparate e prive di scrupoli. Ecco perché hanno aiutato Mugabe a prendere il potere e hanno isolato il Sudafrica affinché l’Anc di Mandela vincesse. Gli inglesi sono il male dell’Africa”.

Kurt si massaggia la sua folta barba, quando gli chiedo dei rapporti tra neri e bianchi oggi in Sudafrica. “Nel complesso i rapporti direi che sono buoni. Certamente i rapporti tra bianchi e neri erano migliori durante l’apartheid. Oggi c’è molta anarchia, violenza e disordine. Con la fine dell’apartheid i servizi sociali sono peggiorati per tutti. Soprattutto per i neri. La corruzione, poi, è dilagata a dismisura”. Lo interrompo per raccontargli che durante il viaggio per raggiungerlo mi sono imbattuto in due posti di blocco della polizia. In entrambi i casi i poliziotti, dicendo che avevo superato i limiti di velocità, mi avevano praticamente estorto del denaro. Kurt sbatte i pugni sul tavolo fortemente indignato. “Capita spessissimo. Con i turisti, ma anche con i sudafricani, soprattutto coi neri. Coi bianchi non osano farlo. E’ inaccettabile. Hanno trasformato uno stato moderno ed efficiente in un covo di corrotti e incapaci. Tornando al discorso di prima ci tengo dirti che i sudafricani di colore e gli abitanti dello Zimbawe sono persone eccezionali, molto brave e generose. Purtroppo esistono gruppi estesi di disadattati, concentrati per lo più a Durban e nel Gauteng che si dedicano alla pratica di crimini orrendi. Un tempo, con l’apartheid riuscivamo a garantire ordine pubblico e sicurezza, oggi non è più così.

kipersol 1L’apartheid, per come la penso io, era un modo per combattere il comunismo. Nulla di più – continua Kurt – C’era il rischio che il Sudafrica si trasformasse in una landa desolata come l’Angola o come lo Zimbawe. Bisognava fermare il terrorismo e l’apartheid servì a questo. Come ti dicevo, con la vittoria di Mandela i servizi sociali sono collassati e l’efficienza della macchina statale è venuta meno. Le condizioni di vita per tantissimi sono peggiorate. L’unica nota positiva è stata la fine dell’isolamento che stava ormai facendo stagnare la nostra economia. Per alcuni la fine dell’apartheid è stato un grosso business. Nel mio piccolo anche io ne ho tratto dei benefici economici. Però il prezzo da pagare è stato e rimane altissimo”.

Gli faccio presente che in Europa, seppur non con la rilevanza che meriterebbe, di tanto in tanto si parla del genocidio che sarebbe in atto in Sudafrica contro i boeri. “Spesso la stampa europea esagera alcuni problemi. Sì esiste un problema sicurezza. Però il nostro livello di sopportazione è certamente più elevato del vostro in Europa. Praticamente da sempre noi viviamo così. Siamo tutti armati e siamo abituati a guardarci alle spalle. Fa parte del nostro dna di pionieri – dice sorridendo compiaciuto – La delinquenza che è esplosa con l’arrivo di Mandela ha interessato tutti, bianchi e neri. Migliaia di bianchi sono stati uccisi così come migliaia di neri. E’ un problema che riguarda tutti, non solo noi bianchi. So bene che migliaia di miei colleghi agricoltori sono stati assassinati. Spesso però i problemi sorgono in base al modo con cui vengono trattati i dipendenti. Un dipendente che non viene pagato, qui in Sudafrica, non si rivolge ai sindacati ma prende il machete. E’ tutto diverso a queste latitudini. Comunque, pur essendo diffuso un razzismo anti-bianco, non credo che si possa parlare di vero e proprio deliberato genocidio. Alcuni miei amici boeri – conclude Kurt – la pensano diversamente e temono che da un momento all’altro verremo tutti sterminati”.

Federico Depetris

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1 commento

nota1488 19 Ottobre 2015 - 2:55

Tra non molto, dopo che lo Ius Soli verrà istituito in Italia, l’apartheid di fatto sarà l’unica soluzione che avrà il nostro popolo per continuare ad esistere dignitosamente.

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