Roma, 27 apr – Sale di nuovo la tensione nello Stretto di Taiwan. Il transito del cacciatorpediniere americano Uss Sampson ha mandato su tutte le furie Pechino. Per gli Stati Uniti si è trattato di una semplice operazione di routine, viceversa secondo Pechino è stata una chiara provocazione.
Scambio di accuse
E’ stata soltanto la dimostrazione che continuiamo a impegnarci “per un Indo-Pacifico aperto e libero”, e che “gli Stati Uniti continueranno a volare, navigare e operare ovunque il diritto internazionale lo permetta”, si legge in una nota della Settima Flotta Usa di base a Yokosuka, in Giappone. La Cina esprime per tutta risposta la sua “ferma opposizione” al transito dell’unità militare statunitense, considerando l’operazione una postura da “massima allerta”. Shi Yi, portavoce cinese del Comando orientale dell’Esercito popolare di liberazione, dice che gli Stati Uniti “compiono spesso tali azioni provocatorie, inviando segnali sbagliati alle forze dell’indipendenza di Taiwan e minando deliberatamente la pace e la stabilità nello Stretto”.
Cosa succede a Taiwan
Fin qui classica schermaglia tra Washington e Pechino, se non fosse che l’aria nell’Indo-Pacifico è sempre più bollente e rischia di surriscaldarsi ulteriormente proprio adesso che è in atto la guerra in Ucraina. Ma c’è di più, perché la Cina ha colto l’occasione per ribadire che il processo di “riunificazione” di Taiwan “con la madrepatria non potrà essere fermato”. Di conseguenza il supporto all’ex isola di Formosa porterà “conseguenze insopportabili” per gli Stati Uniti. E’ quanto affermato dal portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin, all’indomani delle dichiarazioni del segretario di Stato americano Antony Blinken sulla volontà Usa di fornire a Taipei “tutti i mezzi necessari per difendersi contro ogni potenziale aggressione, inclusa l’azione unilaterale della Cina”. Presa di posizione dettata peraltro dall’accordo sulla sicurezza stretto tra la Cina e Isole Salomone, che gli Stati Uniti (ma anche Australia e Nuova Zelanda) temono sia il volano per la realizzazione di una base navale cinese in Oceania.
La replica di Pechino evoca oltretutto quanto proclamato lo scorso anno da Xi Jinping, quando spiegò alla nazione che risolvere la questione Taiwan e centrare la riunificazione della nazione rappresentano “l’immutabile compito storico del Partito comunista cinese”. E “nessuno dovrebbe sottovalutare la determinazione implacabile, la ferma volontà e la forte capacità del popolo cinese di sostenere la sovranità nazionale e l’integrità territoriale”.
Eugenio Palazzini
2 comments
C’è pure il rischio che Taiwan diventi una improvvisa e brutale merce di scambio…
Anche nel merito, molto interessante e grave ciò che è accaduto nelle isole Salomone: cinesi mercanti, pure prepotenti, pure supportati a più riprese dal occidente progressista, sono appena giunti al loro traguardo “della montagna”.