Roma, 9 nov – Epocale svolta nel panorama politico in Birmania: dopo sessanta anni di governo dittatoriale il partito dei colonnelli ammette la sconfitta nelle elezioni svolte ieri.
«Abbiamo perso», ha dichiarato il presidente ad interim del Usdp, Htay Oo, intervistato da Reuters.
Non ci sono ancora i dati ufficiali ma anche l’emittente nazionale cinese Cctv lo avrebbe annunciato con un tweet.
Sembra infatti che il partito di governo, il temuto e odiato Usdp, sia stato nettamente sconfitto e relegato nella proporzione di seggi che in passato la giunta militare si era preoccupata di attribuirsi per legge pari in ogni caso ad un ingombrante 25%.
L’eroina della libertà in Birmania, la Signora Aung San Suu Kyi non si sbilancia in dichiarazioni di vittoria ben sapendo quanto precaria sia la situazione nel paese di fatto ancora totalmente controllato dai militari e ammette che “è troppo presto per parlare del risultato, ma credo che ne abbiate tutti un’idea”. Più fiducioso ed entusiasta è apparso il fondatore del partito, l’ottantottenne Tin Oo, che alla vigilia aveva dichiarato ai media un secco “Vinceremo”.
I dati parziali infatti sembrano confermare tale entusiasmo, con una percentuale che tocca l’ottanta percento nelle regioni centrali e il sessantacinque nelle zone delle etnie Mon e Kayin e si attendono ancora i risultati degli altri stati etnici, da sempre vittime della brutalità della giunta militare.
Secondo la costituzione, al partito della Kyi servirebbero i due terzi della camera per formare un governo in piena autonomia che se riuscisse sarebbe il primo governo democraticamente eletto da sessanta anni in Birmania.
Il vecchio establishment rimarrà rappresentato in Parlamento, almeno fino a che non si riformi la costituzione e si cancelli la quota fissa spettante al vecchio partito di governo, non si sa quindi se i nuovi leader democratici del paese dovranno almeno in un primo momento negoziare un potere condiviso per garantire una transizione quanto più pacifica.
Altro sasso sulla strada della piena rappresentanza democratica birmana è l’articolo della costituzione 59 F che impedisce ad una donna madre di cittadini stranieri, come è la Signora Aung San Suu Kyi, di ricoprire la carica di presidente della repubblica essendo i figli cittadini britannici come il loro defunto padre.
Il presidente Thein Sein, il generalissimo, quarto uomo più potente- e odiato- del paese ha ammesso che il risultato sarà rispettato, fatto che sarebbe una novità, viste le ultime reazioni della giunta ai risultati elettorali nel 1988, nel 1990 e ancora nel 2010, al tempo totalmente ignorati.
Sulle elezioni hanno vigilato circa 10.000 osservatori guidati da Alexander Lambsdorff capo della missione di osservatori dell’Unione europea: “In nessun Paese le elezioni sono perfette”, ha dichiarato ma oggi sembra che in ogni caso non si siano registrati episodi allarmanti se si esclude però l’esclusione dal voto di centinaia di migliaia di musulmani della etnia Rohingya, perseguitati dal regime e la denuncia del ministro dei trasporti che arrivato al seggio ha scoperto che qualcun aveva già votato al posto suo con il suo nome.
Alberto Palladino