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Sei un principe saudita accusato dell’omicidio di un giornalista? Biden ti dona l’immunità

by Andrea Bonazza
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Roma, 18 nov – C’è chi sostiene di aver santi in Paradiso e chi sulla terra; un famoso ed importante sceicco saudita sembra però averli entrambe, e con una disponibilità economica tale da comprare qualsiasi assoluzione. Il leader dell’Arabia Saudita, principe ereditario Mohammed bin Salman, godrà dell’immunità per la causa che lo vede imputato dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. Jamal era cugino di primo grado di Dodi Al-Fayed, amante della principessa Diana che morì insieme a lei nell’incidente automobilistico del 31 agosto 1997. A deciderlo sono stati gli Stati Uniti d’America, guidati dal democratico Biden e da sempre molto attenti ai rapporti economici e diplomatici con l’Arabia Saudita. Il giornalista critico Khashoggi era stato assassinato presso il consolato saudita a Istanbul nell’ottobre 2018. In un primo momento era stata proprio l’intelligence statunitense a ritenere che l’uccisione del giornalista fu ordinata dal principe. Ora però, il Dipartimento di Stato americano ha dichiarato l’immunità di Mohammed bin Salman a causa del suo nuovo ruolo di primo ministro saudita.

Sgomento dalla ex fidanzata a Dawn e Amnesty International

L’ultima fidanzata di Khashoggi, Hatice Cengiz, ha scritto su Twitter che, con questa sentenza americana, “oggi Jamal è morto di nuovo”. Unitamente al gruppo per i diritti umani “Democracy for the Arab World Now” (Dawn), fondato dallo stesso giornalista vicino ai fratelli Musulmani, aveva chiesto al principe ereditario un risarcimento danni per l’omicidio del suo fidanzato. La denuncia accusava il leader saudita e i suoi funzionari di aver “rapito, legato, drogato, torturato e assassinato il giornalista residente negli Stati Uniti e sostenitore della democrazia”. Anche il segretario generale di Amnesty International, Agnes Callamard, ha dichiarato: “Oggi è l’immunità. Tutto si aggiunge all’impunità”. La spiegazione ufficiale per questa concessione dell’immunità a un uomo che la CIA sospetta fosse complice dell’omicidio di Khashoggi, è che lo status del principe ereditario saudita è cambiato formalmente lo scorso settembre, quando è stato nominato primo ministro.

L’infatuazione degli Usa per l’Arabia Saudita

In Arabia Saudita il potere spetta al re, al principe ereditario e agli immediati reali legati al sangue, tra questi vi è Mohammed bin Salman, principe ereditario dal 2017. Gli Stati Uniti, in quanto partner strategico e fornitore di armi dell’Arabia Saudita, non avrebbero dunque mai acconsentito all’arresto del potente saudita vista la sua posizione. Alla base di tutta la questione, c’è infatti l’esigenza di Washington di migliorare i suoi rapporti con la leadership saudita. Non è un segreto che Mohammed bin Salman e il presidente Biden non si piacciano e il recente rifiuto dei sauditi di pompare più petrolio per abbassare i prezzi del carburante negli Usa è stato preso da Washington come un affronto. I sauditi, poi, nonostante la crisi internazionale vantano rapporti politici e finanziari sempre più stretti sia con la Russia che con la Cina.

Mohammed bin Salman nega qualsiasi ruolo nella vicenda

Il 37enne principe Mohammed, dal canto suo nega qualsiasi coinvolgimento nell’uccisione di Khashoggi. Gli avvocati del Dipartimento di Giustizia hanno affermato che, in quanto “capo in carica di un governo straniero”, il principe ereditario “gode dell’immunità del capo di stato dalla giurisdizione dei tribunali statunitensi come risultato di tale carica”. I legali statunitensi hanno affermato inoltre che “la dottrina dell’immunità del capo di stato è ben radicata nel diritto internazionale consuetudinario”. L’amministrazione americana ha però voluto sottolineare che tale sentenza non determina l’innocenza del principe saudita. “Si tratta di una determinazione legale presa dal Dipartimento di Stato in base a principi consolidati e di lunga data del diritto internazionale consuetudinario. Non ha niente a che fare con il merito del caso”.

“Biden ha venduto il sangue di Kashoggi per il petrolio saudita”

L’Arabia Saudita ha affermato che l’ex giornalista del Washington Post è stato ucciso in una “operazione canaglia” da una squadra di agenti inviati per convincerlo a tornare nel regno. Tuttavia, proprio i funzionari statunitensi hanno affermato che la CIA aveva concluso, “con un grado di certezza medio-alto”, che il principe era coinvolto L’omicidio ha provocato un terremoto mediatico internazionale e danneggiato l’immagine del principe Mohammed bin Salman e del suo paese. Il delitto portò anche a una grave flessione nelle relazioni USA-Arabia Saudita. L’ultima visita di Biden in Arabia Saudita, lo scorso luglio, però, sembra essersi svolta in maniera molto cordiale e, anche per questo, è stata criticata come una sorta di sostegno al governo saudita dopo l’omicidio di Khashoggi. Sarah Leah Whitson, direttrice esecutiva di Dawn, a tal proposito ha twittato: “il presidente Biden ha assicurato al principe saudita di poter sfuggire alla responsabilità, ma lo stesso Biden aveva promesso al popolo americano che avrebbe fatto di tutto per ritenerlo responsabile dell’omicidio”. Gli fa eco Nihad Awad, direttore esecutivo nazionale del Council on American-Islamic Relations, che ha accusato l’amministrazione Biden di aver “venduto il sangue di Jamal Kashoggi per il petrolio saudita”.

Andrea Bonazza

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