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Siria: l’Ue aumenta le sanzioni. L’Italia era il primo partner economico, ecco quanto perde ora

by Eugenio Palazzini
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Sanzioni SiriaRoma, 30 mag – Il Consiglio dell’Unione Europea ha prolungato per un altro anno le sanzioni alla Siria, esattamente fino al giugno 2018. Una decisione, spiega la nota del Consiglio, “in linea con la Strategia Ue sulla Siria, secondo la quale la Ue manterrà le misure restrittive contro il regime siriano ed i suoi sostenitori finché continuerà la repressione dei civili”. Non solo, l’Ue ha aggiunto i nomi di tre ministri siriani alla “lista delle persone e delle entità” per le quali è disposto il congelamento dei beni ed il divieto di ingresso e rapporti con la Ue. Da notare il “congelamento di beni” previsto per dei cittadini di uno Stato sovrano che non è ovviamente membro dell’Unione Europea. Oltre all’assurdo rinnovo di sanzioni nei confronti di chi da anni combatte il terrorismo che colpisce ripetutamente anche in Europa, in questa estensione punitiva c’è una palese ingerenza negli affari interni di una Nazione indipendente, unita al tentativo di danneggiarne economicamente i cittadini siriani stessi. In barba quindi al diritto internazionale e a ben vedere ai diritti umani che la Ue pretende poi di considerare inalienabili.

Ma la questione che più salta agli occhi è il solito allineamento del governo italiano che si limita ad evitare di entrare in contrasto con Bruxelles, cosa a cui sovente non rinunciano altri Stati membri Ue che dimostrano così, almeno in determinate occasioni, di voler mantenere una seppur minima sovranità. Le sanzioni alla Siria poi non attengono soltanto ad una questione di immagine e di guerra al terrorismo, hanno specifiche conseguenze sul piano economico (e in questi termini sono analoghe alle sanzioni imposte alla Russia) e della sicurezza nazionale. Vediamo nel dettaglio allora perché il governo italiano, aderendo supinamente alle direttive Ue, sta danneggiando in primis l’Italia stessa.

Fino al 2011, inizio della guerra in Siria, eravamo il primo partner commerciale europeo di Damasco. Terzo al mondo dopo Cina e Arabia Saudita. L’interscambio tra Italia e Siria equivaleva nel 2010 a 2,3 miliardi annui, aumentato di ben 102,7 punti rispetto al 2009. A guadagnarci in particolare eravamo proprio noi, grazie alle esportazioni nei settori del lusso e dell’agroalimentare. Secondo i dati Ice, le importazioni italiane verso la Siria nel 2010 riguardavano per il 42,5% da prodotti derivati dalla raffinazione del petrolio, per un valore totale di 532 milioni di euro e un incremento del flusso, rispetto al 2009, del 391,3% Sette anni fa poi l’export italiano in Siria riguardava anche altri importanti materiali: prodotti chimici (73,9 milioni di euro), apparecchiature elettriche (52 milioni di euro) e prodotti della metallurgia (39,5 milioni di euro).

Soffermandosi sulle importazioni di greggio dalla Siria fino al 2010 qualcuno obietterà però che si trattava di somme risibili, considerando che principalmente l’Italia si riforniva tramite l’Eni dalla Libia (23% delle import totale, secondo i dati dell’Unione Petrolifera e del Ministero dello Sviluppo Economico). Peccato però che a partire dal 2011 questa percentuale si è azzerata e se a questo dato sommiamo il totale delle importazioni di greggio provenienti dalla Siria (3.2% del totale sempre secondo l’Unione Petrolifera), abbiamo perso in meno di sette anni circa un quarto delle nostre forniture di greggio storiche. Il tutto con due semplici mosse da seppuku economico: avallare la guerra alla Libia e aderire alle sanzioni alla Siria, facendolo tra l’altro tra i primi con la “tempestiva” chiusura dell’ambasciata italiana a Damasco. Non solo, fino al 2011 nella Nazione mediorientale di cui appunto eravamo il primo partner commerciale europeo, vivevano 40 mila italiani. Lavoravano quasi tutti per aziende tricolori, in particolare nei suddetti settori. Adesso a causa delle sanzioni non abbiamo più neppure una compagnia di navigazione che trasporta merci in Siria, sono tutte fallite e anche per inviare farmaci (quelli chiaramente che non subiscono l’embargo economico, e tra questi ve ne sono anche di antitumorali) dobbiamo affidarci a compagnie turche.

E a proposito di Turchia, continuiamo a regalare ad Erdogan ogni anno, sempre grazie alle decisioni Ue che sottoscriviamo senza indugio, miliardi di euro per non far arrivare immigrati siriani in Italia. Questo perché le sanzioni imposte a Damasco ci impediscono di aiutare direttamente la Nazione da cui questi immigrati provengono. Finanziamo in pratica un ricatto che ci vincola alle arbitrarie decisioni di un presidente turco, della cui affidabilità non è neppure il caso di parlare. Ecco quindi il risultato che l’Italia ottiene dall’embargo rinnovato alla Siria: tracollo delle esportazioni e delle importazioni, perdite di privilegi economici guadagnati negli anni, coltello alla gola puntato dalla Turchia che continua a svenarci, azzeramento delle relazioni diplomatiche e commerciali con i Paesi arabi storicamente nostri partner. Un disastro che addirittura ci vantiamo di continuare a compiere.

Eugenio Palazzini

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1 commento

rino 30 Maggio 2017 - 2:24

È semplice: i nostri governanti stanno facendo gli interessi di altre nazioni. Saranno tutti condannabili per alto tradimento quando l’oligarchia passerà di mano.

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