Damasco, 24 mar -Tra gli scandali che coinvolgono il premier Erdogan e le imminenti elezioni, in Turchia l’abbattimento di un caccia siriano viene trasmesso in diretta tv. Ma questa sembra solo una scintilla di guerra tra due stati, seguita stamani dall’uccisione di Hilal Assad, cugino del presidente siriano Bashar Assad, caduto durante un combattimento contro i ribelli appoggiati da turchi e sauditi nella città frontaliera di Kasab.
Il fatto che l’aereo siriano sia stato abbattuto proprio mentre erano in corso le riprese della rete televisiva filogovernativa HaberTurk, ha destato più di un sospetto sulla legittima difesa dichiarata dal governo turco. Mentre Erdogan durante un comizio elettorale ha parlato di “risposta forte se si viola il nostro spazio aereo”, elogiando il proprio esercito per aver abbattuto l’aereo siriano, il portavoce del ministero degli Esteri di Damasco ha dichiarato alla tv di stato siriana che “l’aggressione turca è inaccettabile e senza precedenti” e che “questi atti sono una conseguenza della politica interna fallimentare del governo di Erdogan, che si dimostra incapace di rispondere alle istanze del popolo turco e cerca così di distogliere l’attenzione dagli scandali che lo stanno travolgendo”. Domenica prossima in Turchia ci saranno le elezioni amministrative e il premier Erdogan, che ha già subito un drastico calo dei consensi, rischia di perdere le più importanti città del paese, su tutte Istanbul e la capitale Ankara.
La scelta di sfidare sul piano militare la Siria se quindi sposta l’attenzione mediatica dagli scandali che stanno travolgendo il primo ministro turco, rischia d’altro canto di non portare effettivi benefici sul piano elettorale al partito di Erdogan. Buona parte dell’opinione turca, in particolare la fetta più laica della popolazione, è infatti contraria all’aggressione nei confronti della Siria ritenendo Assad un baluardo nei confronti dei gruppi islamisti più radicali. E’ quindi probabile che la Turchia stia ricorrendo a prove di forza che in realtà servono solo a controllare la situazione interna, rischiando comunque un effetto boomerang. Molto però dipenderà da una serie di fattori, in particolare dall’esito delle prossime elezioni, dalle reazioni siriane e dalle mosse statunitensi in seguito al braccio di ferro con la Russia sulla Crimea.
Resta il fatto che, dall’inizio del conflitto siriano nel 2011, molti miliziani jihadisti per andare a combattere contro l’esercito di Assad sono giunti in Turchia passando agevolmente la frontiera con la Siria, a dimostrazione che in realtà Ankara è, in un certo qual modo, in guerra da oltre due anni con Damasco. E come denunciato più volte dal governo siriano, troppo spesso armi e rifornimenti destinati ai miliziani antigovernativi hanno attraversato la frontiera con la complicità delle autorità turche. Adesso il rischio è quello di una escalation del conflitto, con un ruolo più attivo sul campo da parte dell’esercito di Ankara.
Eugenio Palazzini