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Quella sporca guerra silenziosa della Francia all’Italia

by Guido Taietti
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Questo articolo, che analizza il ruolo sospetto della Francia nei confronti dell’Italia, è stato pubblicato sul Primato Nazionale di dicembre 2018

Nell’attuale situazione internazionale, le tradizionali fratture e alleanze sembrano esistere soltanto sulla carta, mentre, nella realtà, esse vengono continuamente messe in discussione; occorre quindi dedicare attenzione al modo in cui, oggigiorno, i vecchi sodalizi prendono nuove forme. In particolare, gli ultimi avvenimenti di politica internazionale lasciano intendere come la Francia abbia preso a considerare l’Italia non più come alleato, ma come competitor strategico.

Questo cambio di rotta è avvenuto sia per una collisione di interessi, sia per l’incapacità della nostra classe politica di difendere i propri asset strategici e i propri spazi geopolitici. La Francia sta attaccando gli interessi della Penisola su vari livelli: la politica interna, i rapporti di potere all’interno della Ue e il piano geopolitico, con particolare attenzione allo scenario africano. Oltre a questo va considerato il costante attacco economico e finanziario, sotto forma di acquisizioni aggressive e uso a proprio vantaggio della legislazione europea. Alla luce di tutto questo ci risulta difficile considerare casuale l’aggressività francese nei confronti degli interessi italiani; di fatto, potremmo qualificare questi eventi come atti di «guerra ibrida», dato il continuo tentativo di sottrarre asset alla nostra nazione e di degradare la nostra capacità di reazione politica.

Il teatro africano

Dal governo di Sarkozy ad oggi assistiamo a una rinnovata aggressività francese dettata dalla volontà di puntellare e accrescere la propria influenza in Africa. L’eliminazione di Gheddafi e la successiva gestione della «questione libica» sono scelte politiche che hanno accomunato i diversi governi che si sono succeduti in terra di Francia. E tutte queste decisioni hanno comportato un danno diretto agli interessi italiani in Nord Africa. Possiamo pensare che la crescente importanza del Continente nero e la presenza di nuovi attori ingombranti (come la Cina) abbia spinto la Francia a premere sull’acceleratore per evitare di perdere i propri vantaggi. In Egitto, dopo il congelamento dei rapporti con l’Italia in seguito all’affaire Regeni, vediamo una Francia impegnata a sostituirsi a noi come interlocutore; questo nonostante il caso Eric Lang, un Regeni francese che il governo di Parigi ha evidentemente deciso di trattare in maniera differente1. In merito alla gestione della questione migratoria, ad esempio, la Francia si è sempre opposta, con risultati a lungo termine, alla presenza italiana in Niger. Ovviamente l’Italia è il bersaglio ideale: non solo ha un’influenza in settori di interesse per i francesi, ma è anche un avversario meno ostico rispetto ad altri Stati seduti al banchetto africano.

Immigrazione e Unione europea

In sede europea, invece, la Francia, da un lato, non perde occasione per ribadire il presunto obbligo italiano all’accoglienza e, dall’altro, non esita a mostrare il pugno duro, arrivando addirittura a mettere in dubbio i trattati di Schengen: questo per evitare, ovviamente, di essere costretta ad accogliere a propria volta. Assistiamo, di fatto, a un palese tentativo di mettere in difficoltà i governi italiani e, più precisamente, di farci sprecare risorse economiche e tempo. In termini militari, potrebbe quasi sembrare un tentativo di degradare la capacità politica dei nostri esecutivi, causando un danno diretto di diversi miliardi di euro l’anno. La recente scoperta della prassi della gendarmeria transalpina, che scaricava in Italia i clandestini senza neppure avvisare le autorità italiane, dovrebbe aprirci gli occhi in merito all’atteggiamento francese nei nostri confronti.

Curioso anche come – nei momenti di massima tensione tra il neonato governo italiano e il fronte pro-invasione composto da sinistra nostrana, Ue e le Ong – una delle più attive organizzazioni disposte a sfidare l’autorità del governo sia stata l’Ong francese Medici senza frontiere (Msf). Ricordiamo che Msf fu fondata, tra gli altri, dall’ex ministro della Difesa francese Bernard Kouchner: una persona talmente interessata alle emergenze umanitarie da provocarne direttamente una, sovrintendendo la guerra francese contro la Libia di Gheddafi.

Le acquisizioni strategiche

Numerose e sospette sono le acquisizioni francesi in territorio italiano, in particolare nel comparto alimentare, finanziario e strategico-militare. Spesso avvengono nella totale indifferenza della classe politica nostrana, incapace di comprendere e difendere il nostro interesse nazionale. Parliamo di aziende come Gucci, Pomellato e Bottega Veneta, per restare nel settore del lusso, ma possiamo dirigerci in tutte le direzioni: energia? Edison; settori bancario e finanziario? Bnl e Cariparma; alimentare? Parmalat. Si tratta di un processo avviato circa dieci anni fa e che non ha avuto sosta. Negli ultimi tempi tuttavia, soprattutto durante la parentesi Renzi-Gentiloni, ha subìto una drastica accelerazione. Parliamo in molti casi di aziende che, toccando comparti fondamentali come l’energia, il settore armi o le telecomunicazioni, non possono essere semplicemente lasciate al mercato: occorre fare calcoli anche di natura politica e strategica.

In questo senso è interessante rilevare come i francesi – quando si è trattao del contrario – abbiano invece espresso la volontà di difendere i propri interessi ricorrendo alla nazionalizzazione dell’azienda Stx, per sottrarla così al controllo di Finmeccanica. Il governo italiano di allora, retto da Gentiloni, versò lacrime amare, ma non riuscì a difendere i nostri interessi nazionali. Un atteggiamento completamente idiota, se crediamo nella buona fede del governo Gentiloni, o sospetto, se si ritiene ci sia altro dietro la tenerezza della sinistra italiana nei confronti della Francia.

Per i sospettosi ricordiamo altri due episodi: nel 2016 un emendamento del governo Renzi lasciò alla Total la concessione del giacimento petrolifero della Tempa Rossa, in Basilicata. Ai tempi molti fecero notare che «l’unica a beneficiarne sarà la Total perché il greggio estratto non è destinato ad aumentare il bilancio energetico nazionale». Quegli stessi giacimenti balzarono agli onori della cronaca per la triste fine del neo-incaricato responsabile alla Sicurezza Ambientale Total, l’ex generale del Corpo forestale Guido Conti: egli infatti morì suicida nel 2017, a sole due settimane dall’accettazione dell’incarico2.

Impossibile poi dimenticare il capolavoro diplomatico di Gentiloni, altrimenti noto con il nome di «accordi bilaterali di Coen». Il trattato regalava ampie porzioni di mare italiano alla Francia: parliamo per lo più di zone pescose e con un’interessante presenza di giacimenti petroliferi. Il trattato non venne ratificato dal Parlamento italiano, ma ovviamente, per qualche tempo, i francesi riuscirono a bloccare i pescherecci italiani in quelle zone. Un’enorme concessione gratuita targata Pd, che non andò in porto solo grazie all’indignazione generata sui social3.

Degli amici sospetti

Preoccupante è inoltre l’elenco dei membri della classe dirigente politica ed economica italiana premiati con la Legion d’onore, vale a dire l’alta onorificenza, concessa dal governo di Parigi, a chi si è distinto nel «tutelare gli interessi francesi». Sapere che De Benedetti, D’Alema, Letta, Pisapia, Sala, Frattini e Scajola (solo per citarne alcuni) possono appuntarsi questa medaglia al petto è quantomeno sospetto, così come lo sarebbe stato, durante la Guerra fredda, vedere molti politici italiani non comunisti ricevere onorificenze di Stato dall’Urss. C’è una discreta prevalenza di esponenti della sinistra italiana tra i politici meritevoli di riconoscimenti del governo francese, ma anche la vecchia destra antisovranista non manca di certo.

Stiamo forse assistendo a un tentativo – a questo punto riuscito – di «intossicazione» della nostra classe dirigente? Può darsi che la risposta sia no, ma una domanda è però lecito e opportuno porsela. A detta di alcuni analisti assolutamente mainstream, infatti, «nei circoli internazionali il ragionamento politico prevalente dà per acquisito che i francesi vogliono conquistare il Nord dell’Italia e magari lasciare che il Sud diventi una grande tendopoli per gli immigrati di tutto il mondo. Disegno cinico ed allarmante, se si vuole. Ma che […] assume un significato preciso»4.

Noi siamo più moderati nell’analisi, ma è difficile non scorgere un disegno strategico dietro le continue acquisizioni francesi e dietro la linea politica che vuole l’Italia come bersaglio dell’invasione migratoria. Ed è ancora più difficile non trovare sospetta la totale accondiscendenza – quando non si è trattato di vera e propria complicità – dei precedenti governi italiani verso Parigi, allorché ciò si rivelava dannoso per i nostri interessi. Occorre pertanto sostenere e rafforzare una politica basata sulla salvaguardia dell’interesse nazionale, affinché l’attuale governo inverta la rotta e riprenda a difendere la nostra nazione. Anche contro i vecchi amici, quando si comportano da «nuovi nemici».

Guido Taietti


1 C. Crociati, Il fantasma di Eric sugli accordi tra Francia ed Egitto, ilmanifesto.it, 16 aprile 2016.

2 V. Corrado – S. Mancinelli, Suicidio del generale Conti: spunta la Total, iltempo.it, 21 novembre 2017.

3 F. Totolo, Alla Leopolda tra i barili della Total. Così Renzi suona la serenata a Macron, ilprimatonazionale.it, 25 ottobre 2018.

4 R. Napoletano, Il cigno nero e il cavaliere bianco. Diario italiano della grande crisi, La nave di Teseo, Milano 2017, cit. in G. Polillo, Come la Francia sta facendo shopping di aziende italiane, formiche.net, 6 dicembre 2017.

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