Roma, 28 nov – Nel corso delle ultime settimane il tema dello Stato di diritto è tornato d’attualità e nei principali campi politici e mediatici, sulla scorta della decisione di Ungheria e Polonia di porre il proprio veto sull’ampia trattativa per il Recovery Fund. Scelta che, se non dovesse aggiornarsi ed ammorbidirsi, comporterebbe l’impossibilità di utilizzo dello strumento. Perché possa nascere vi è infatti bisogno dell’unanimità delle 27 nazioni aderenti all’Ue.
Lo Stato di diritto brandito come un’arma di ricatto
L’attuale presa di posizione è giustificata dalla volontà dell’Unione di imporre precise regole in materia proprio di Stato di diritto, pena l’esclusione dai fondi. Alcune politiche sul rifiuto della teoria gender da introdurre nelle scuole, sulla salvaguardia della famiglia tradizionale, del diritto alla vita ed alla sua sacralità, sono ritenute retrograde e discriminatorie dai più.
Leggi anche – Ora Soros rilancia i diktat dell’Ue contro Ungheria e Polonia
Per quanto le scelte politiche di Orban e Duda possano essere criticabili, non si comprende come possa ritenersi diritto di nazioni estere l’intromettersi nelle scelte sovrane degli Stati. Usare l’arma del ricatto contro governi eletti proprio democraticamente è azione meschina.
E’ proprio l’Ue a non rispettare i valori fondanti
Con la scusa dell’uguaglianza, della salvaguardia delle minoranze e dell’ideologia no-border del nostro tempo, l’Ue ha spesso assunto comportamenti anzi “illiberali”, contro gli stessi valori di rispetto e pace sui quali essa dichiara di fondarsi.
Minacciando Ungheria e Polonia si arriva a pretendere che esse votino a favore del Recovery Fund per permettere l’inizio dell’erogazione dei fondi. Ai quali però non potranno accedere. Una situazione che apparirebbe comica, se non fosse grave. Lo Stato di diritto delle singole nazioni è tema citato in ogni trattato di pace e democrazia mondiale. Bene inalienabile da difendere anche per chi non si trova in accordo con determinate posizioni politiche.
Siamo dinanzi ad un turbolento periodo di crisi istituzionali nell’Unione, derivante dalle profonde diversità storiche e civili tra le singole nazioni. Dove è chiaro che vi siano nazioni che non accetteranno soprusi su tematiche di libera scelta, come quelle etiche, giudiziarie e monetarie.
Tommaso Alessandro De Filippo