Malmo, 30 dic – Sono finiti i tempi in cui la possibilità di un’epidemia di Ebola era esclusiva preoccupazione dei paesi dell’Africa centrale. Oggi, a causa dei massicci fenomeni migratori, anche paesi particolarmente “accoglienti” come la Svezia rischiano di essere colpiti da questo nuovo tipo di “arricchimento”. Il paese scandinavo è, in data attuale, scarsamente preparato all’eventualità di un’epidemia su larga scala, ed è di questi giorni la notizia che l’ospedale universitario di Malmö stia costruendo un’unità ad alto isolamento per i pazienti di Ebola. Tuttavia, solo di isolamento si tratta, perché non esistono né vaccino né medicinali per curare il virus.

Finora, solo l’ospedale universitario di Linköping era stato in grado di ricevere pazienti con infezione conclamata o sospetta. Nel sud della Svezia, varco di accesso per le migliaia di immigrati che tentano – con successo – di introdursi nel paese, si nutre una profonda preoccupazione per l’inadeguata preparazione sanitaria riguardante questa specifica malattia. “La domanda non è se scoppierà un’epidemia ma quando”, è l’allarmante dichiarazione di Maria Josephson, responsabile di reparto allo Skåne University Hospital (Sus). La Josephson aggiunge che i cittadini svedesi “potranno sentirsi al sicuro” quando l’unità sarà operativa.

Il centro di isolamento sarà pronto entro la fine del 2019, tuttavia, sarà in grado di ospitare solo pochi pazienti. Nel caso di una più ampia diffusione dell’infezione nel paese, esso non sarà sufficiente. L’Ebola è un virus che causa febbre emorragica, con un tasso di mortalità vicino al 100% e per essa non esistono vaccini o cure. Il periodo di incubazione varia da pochi giorni a un mese, per cui il contagio potrebbe avere tempo di espandersi enormemente prima che la malattia si manifesti in modo conclamato. Il virus si può diffondere tramite contatti diretti attraverso pelle con ferite, o mucose e membrane, con sangue o fluidi di un malato di Ebola.

Il crescente rischio di un’epidemia di Ebola in Svezia e la necessità di una migliore preparazione contro la malattia sono oggetto di discussione dal 2014; tuttavia, le autorità governative hanno evidentemente scelto di mantenere un basso profilo attorno a queste discussioni per non creare psicosi tra i cittadini. Meno male che gli svedesi (e a questo punto, non solo loro) dovevano sentirsi tranquilli.

Cristina Gauri 

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Classe 1977, nata nella città dei Mille e cresciuta ai piedi della Val Brembana, dell’identità orobica ha preso il meglio e il peggio. Ex musicista elettronica, ha passato metà della sua vita a fare cazzate negli ambienti malsani delle sottoculture, vera scuola di vita da cui è uscita con la consapevolezza che guarire dall’egemonia culturale della sinistra, soprattutto in ambito giovanile, è un dovere morale, e non cessa mai di ricordarlo quando scrive. Ha fatto uscire due dischi cacofonici e prima di diventare giornalista pubblicista è stata social media manager in tempi assai «pionieri» per un noto quotidiano sabaudo. Scrive di tutto quello che la fa arrabbiare, compresi i tic e le idiozie della sua stessa area politica.

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