Tutt’oggi migliaia di turisti visitano le rovine del castello di Tintagel, convinti dalle parole di Goffredo di Monmouth di trovarsi di fronte proprio al castello dell’infanzia di Artù. Il problema è che il castello di cui oggi vediamo le rovine è stato costruito nella prima metà del XIII secolo, quasi 800 anni dopo l’epoca in cui visse il re leggendario. Dobbiamo dunque “svegliarci” e arrenderci all’idea che tutto questo sia solo una leggenda? Non necessariamente. Intanto Goffredo di Monmouth parlando di un castello a Tintagel di certo non parlava di quello attuale, visto che la Historia Regum Britanniae è stata scritta tra il 1136 e il 1147, quindi esattamente un secolo prima della costruzione del “nuovo” castello. Lo storico quindi presumeva che un castello già esistesse sul promontorio della Cornovaglia.
Ebbene gli ultimi scavi nel sito archeologico di Tintagel, iniziati il 18 luglio e terminati martedì, hanno portato alla luce i resti di un palazzo ben più antico di quello finora conosciuto. E, guarda caso, gli archeologi lo avrebbero datato proprio in un’epoca compresa tra il V e il VI secolo, esattamente il periodo in cui il duca Gorlois, secondo Goffredo di Monmouth, avrebbe costruito la sua inespugnabile fortezza. Il castello appena riportato alla luce avrebbe avuto mura larghe circa un metro, massicci gradini e pavimenti lastricati in ardesia. Alcune delle stanze erano molto ampie, alcune lunghe 11 metri e larghe 4. Gli oltre 150 resti di cocci di ceramica, vasellame e anfore avrebbero poi evidenziato la particolare ricchezza della famiglia che dominava dal castello: vino dall’Anatolia, olio d’oliva dell’Egeo, piatti importati dall’oriente e dal Nord Africa e coppe di vetro dipinto provenienti dal regno dei Franchi. Sul fatto che fosse un luogo di potere abitato da una potente famiglia, dunque, pare proprio non ci siano dubbi. Dopo un periodo apicale che va appunto dalla fine del V secolo alla metà del VI secolo – il periodo arturiano insomma – l’intero complesso avrebbe conosciuto un periodo di declino fino al totale abbandono nei primi anni del VII secolo, quando una pandemia mortale si abbatté sulla Britannia e quando gli invasori Sassoni si impadronirono completamente della parte meridionale dell’isola inglese.
Carlomanno Adinolfi
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