Roma, 22 mag — Ha lineamenti maschili, la barba da uomo, la struttura fisica da uomo e anche là dove non batte il sole è tutto perfettamente «da uomo»… ma si identifica come donna, e in quanto tale pretende di girare per gli spogliatoi femminili di un centro yoga con i propri genitali bene in vista: così Dylan Miles, trans newyorchese, ha fatto causa a una palestra di Manhattan per 5 milioni di dollari, sostenendo di sentirsi «traumatizzato» dopo essere stato costretto a utilizzare lo spogliatoio degli uomini. Si tratta della terza causa per discriminazione di identità di genere che Miles ha intentato nel giro di 13 mesi; qualcuno, a esser maliziosi, potrebbe pensare che stia cercando di lucrarci. E tra poco vedremo perché.

Trans cacciato dagli spogliatoi femminili, fa causa per 5 milioni 

Miles afferma di essere «in procinto di diventare [una] donna», indossare abiti femminili e sottoporsi a terapie ormonali, secondo i documenti del tribunale. Ciò che hanno visto le affezionate clienti dell’Hot Yoga Chelsea il 4 maggio scorso, però, non aveva nulla di femminile. Quel giorno la direzione aveva vietato al trans di utilizzare spogliatoi e bagni femminili, ma Miles aveva fatto di testa propria, suscitando le sonore proteste delle donne biologiche presenti. Un testimone ha spiegato che Miles stava tenendo un «comportamento inquietante». «Abbiamo altre persone transgender [al Chelsea Hot Yoga], abbiamo diverse donne trans e diversi uomini trans, e non c’è mai stato un problema. … E’ solo questo individuo», ha aggiunto.

«Questa persona che afferma di essere una donna trans è entrata nello spogliatoio femminile» con i pantaloncini «abbassati sotto le ginocchia. «Si è spogliato: è un maschio fatto e finito». Ma non è finita qui: a un certo punto il testimone racconta che Miles si è «accovacciato sul pavimento davanti alle docce», di fronte a «una delle donne che era lì dentro, completamente nuda».

Schiaffo inclusivo a norma di legge

La legge cittadina del 2016, solito schiaffo «inclusivo» che marginalizza le donne biologiche escludendole dalle più basilari tutele, dà ragione a Miles: i luoghi pubblici devono consentire ai visitatori di utilizzare il bagno secondo la loro identità di genere. Oppure, sono tenute a fornire strutture per «tutti i sessi». E le aziende della Grande Mela, in particolare a Manhattan, si sono precipitate ad adeguarsi alle esigenze dello «zero virgola»  al fine di evitare magagne legali. «I nostri avvocati ci hanno informati del fatto che dovevamo cambiare i bagni… ora devono essere gender neutral», ha spiegato al NYPost Anthony Mignano, la cui azienda sovrintende sei edifici commerciali a Manhattan.

Mafia dell’inclusione

Gi esperti prevedono che l’affermazione di genere dei trans nei bagni e negli spogliatoi avrà un impatto sulle imprese cittadine con contenziosi milionari allo stesso modo dell’Americans with Disabilities Act, una legge sui diritti civili che proibisce la discriminazione basata sulla disabilità. Lo storico disegno di legge federale è stato l’impulso per centinaia di cause legali, molte intentate da apparenti «attori professionisti» che presentano dozzine di reclami e spingono le piccole imprese a pagare accordi in contanti. Una vera e propria mafia dell’inclusione che ora potrebbe — e non c’è motivo di pensare che qualcuno ne approfitterà sul serio — estendersi anche nei lidi arcobaleno. Il comportamento di Miles, in tal senso, appare decisamente sospetto.

Cristina Gauri 

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Classe 1977, nata nella città dei Mille e cresciuta ai piedi della Val Brembana, dell’identità orobica ha preso il meglio e il peggio. Ex musicista elettronica, ha passato metà della sua vita a fare cazzate negli ambienti malsani delle sottoculture, vera scuola di vita da cui è uscita con la consapevolezza che guarire dall’egemonia culturale della sinistra, soprattutto in ambito giovanile, è un dovere morale, e non cessa mai di ricordarlo quando scrive. Ha fatto uscire due dischi cacofonici e prima di diventare giornalista pubblicista è stata social media manager in tempi assai «pionieri» per un noto quotidiano sabaudo. Scrive di tutto quello che la fa arrabbiare, compresi i tic e le idiozie della sua stessa area politica.

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