Roma, 8 giu – La Cina è sempre più vicina… agli Usa. E questa volta non si tratta di un paragone economico, militare o tecnologico. Parliamo proprio di una vicinanza geografica, stando almeno a quanto appreso dal Wall Street Journal. Pechino avrebbe infatti raggiunto un accordo segreto con le autorità di Cuba finalizzato all’installazione sull’isola caraibica di una base segreta di spionaggio per le intercettazioni elettroniche. E chi altro intendono spiare i cinesi se non gli americani? Avere una base a Cuba significa posizionarsi a due passi, o per meglio dire due bracciate, dalla Florida. Per l’esattezza a circa 160 chilometri dallo Stato sud-orientale degli Usa. In questo modo i servizi di intelligence di Pechino potranno facilmente raccogliere comunicazioni in quella parte degli Stati Uniti vicina a Cuba, dove peraltro sono collocate buona parte delle basi militari americane.
Cosa sappiamo sulla base segreta della Cina a Cuba
La Cina avrebbe pagato, in contanti – anche per via dei blocchi internazionali e per assicurare maggiore segretezza all’operazione -, diversi miliardi di dollari al governo di L’Avana. Possibile però che quanto riportato dal solitamente ben informato Wall Street Journal non corrisponda al vero? Potrebbe trattarsi insomma di una fake? Difficile, anche a giudicare dal commento al riguardo di John Kirby, portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale. “Anche se non posso parlare di questa notizia specifica, siamo ben consapevoli – e ne abbiamo parlato molte volte – degli sforzi della Repubblica Popolare Cinese per investire in infrastrutture in tutto il mondo che potrebbero avere scopi militari, anche nel nostro emisfero”, ha detto Kirby. E ancora: “Monitoriamo attentamente la situazione, adottiamo misure per contrastarla e rimaniamo fiduciosi di essere in grado di rispettare tutti i nostri impegni di sicurezza in patria, nella regione e nel mondo”. In gergo diplomatico, il “non confermo e non smentisco” suona sempre come una conferma.
Secondo Craig Singleton, senior fellow della Foundation for Defense of Democracies, ”la creazione di questa struttura segnala una nuova fase di escalation nella più ampia strategia di difesa della Cina. È un po’ un cambio di gioco”, ha dichiarato. “La scelta di Cuba è anche intenzionalmente provocatoria”, ha precisato, con evidente riferimento alla crisi dei missili del 1962.
Ci sono però altri due aspetti da considerare. Il primo: la Cina si pone sempre più come principale, se non unico davvero credibile, competitor degli Stati Uniti. Di conseguenza sta iniziando ad adottare lo stesso metro americano, provando a installare basi militari al di fuori dei propri confini. Finora l’unica dichiarata da Pechino è in Africa, nel piccolo, ma altamente strategico, Gibuti. Il secondo aspetto riguarda la sostituzione di quello che fu l’attivismo russo, perché i cinesi si stanno di fatto prendendo territori un tempo appannaggio di Mosca. Il terzo aspetto riguarda proprio il recente “abbraccio” tra Pechino e Washington, al netto delle tensioni su Taiwan. Per giocare al tavolo dei grandi, alla Cina serve avere maggiore influenza, anche militare.
Eugenio Palazzini
2 comments
L’ attuale governo cinese è un porco servitore del peggiore occidente. Cuba non deve passare dalla padella alla brace quanto essere lasciata in pace alla ricerca del suo equilibrio.
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