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Trump beffato dai giudici: “Illegale bloccare i finanziamenti all’immigrazione”

by Emmanuel Raffaele
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Giudici TrumpRoma, 26 apr – Insieme allo stop agli ingressi dai paesi a rischio terrorismo islamico ed al muro al confine da far pagare al Messico, il taglio dei finanziamenti alle cosiddette “sanctuary cities” era uno dei punti principali nell’agenda del neoeletto presidente Trump in materia di immigrazione. Ma, dopo l’alt imposto dai giudici all’ordine esecutivo che prevedeva il divieto temporaneo di entrare negli Usa ai cittadini di sette paesi mediorientali, il mancato accordo sui finanziamenti per la prosecuzione del muro (e, tra l’altro, il veto del Congresso sul decreto per smantellare l’odiatissimo Obamacare, onnipresente in campagna elettorale), ecco che un altro giudice sbarra la strada all’incauto Trump. William Orrick, giudice federale nominato da Obama, ha infatti bloccato l’ordine esecutivo che l’amministrazione degli Stati Uniti aveva indirizzato ad oltre quattrocento diverse giurisdizioni tra città e contee, accusate di avere legislazioni e prassi poco collaborative nei confronti delle autorità federali dell’immigrazione.

Nel mirino erano finite, appunto, le cosiddette “città santuario”, ostili alla stretta sugli ingressi e apertamente favorevoli all’accoglienza indiscriminata, fino a diventare patria di ben 11 milioni di immigrati clandestini. Una complicità istituzionale che Trump aveva intenzione di spezzare con la minaccia di un taglio netto alle risorse ed al quale adesso Orrick contesta quasi un abuso di potere nel voler determinare l’ammontare dei trasferimenti. “Un regalo alle bande criminali”, è stata la dura reazione della Casa Bianca alla decisione raggiunta ieri e che, di fatto, è una sentenza tesa a sospendere temporaneamente l’applicazione della misura in attesa di una sentenza definitiva.

Una sfida che Trump, via Twitter, ha accolto senza esitazioni e, tornando a parlare del blocco nei confronti dei paesi musulmani, ha affermato: “Ci vediamo davanti alla Corte Suprema!”. Secondo il presidente la sentenza mira ad un “pericoloso ed illegale annientamento della legge federale nel tentativo di cancellare i nostri confini”. Festeggiano, invece, le contee californiana di Santa Clara e di San Francisco che si erano opposte all’ordine esecutivo. Secondo quest’ultime, il taglio avrebbe portato danni enormi alla spesa pubblica e sociale, ma è proprio sul merito della questione che si è instaurato il dibattito in aula. Secondo il governo federale, infatti, il taglio avrebbe interessato soltanto alcune sovvenzioni strettamente connesse alla collaborazione nell’adempimento delle leggi federali in materia di immigrazione e relativo al riconoscimenti dello status degli immigrati presenti nelle rispettive giurisdizioni, tanto da far perdere soltanto 1 milione di dollari a Santa Clara e nulla a San Francisco.

Il giudice, invece, accogliendo il parere dei ricorrenti, ha sostenuto che l’ordine esecutivo non lascia trasparire sottigliezze e, piuttosto, “intende colpire tutte le sovvenzioni federali, non soltanto le tre menzionate nel corso del contraddittorio”. “I finanziamenti federali che non hanno significativamente a che fare con l’esecuzione delle misure sull’immigrazione”, ha argomentato Orrick, “non possono essere minacciate soltanto perché una una giurisdizione sceglie una strategia di applicazione che il presidente disapprova”. Una decisione comunque prematura secondo il Dipartimento di Giustizia, che nota come nessuna decisione concreta in merito ai tagli fosse ancora stata presa e, dunque, si sia fondamentalmente ricorso contro il nulla o, quanto meno, su un pericolo ancora del tutto incerto. Un ricorso preventivo, dunque, che naturalmente, complice anche il giudice di nomina obamiana che ha emesso la sentenza, sembra avere tutti i tratti di una sentenza politica. E’ del resto un fatto che l’amministrazione Trump, finora, non si è dimostrata abbastanza capace e forte da non farsi cogliere in fallo nel portare avanti anche i punti principali del suo programma, probabilmente a causa di un modo di agire più da campagna elettorale che da governante che intende davvero cambiare le cose.

Emmanuel Raffaele

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