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Budapest, 8 lug – Il parlamento ungherese ha approvato ieri, su proposta del presidente nazionalista e populista Viktor Orban, la proposta annunciata da tempo per la costruzione di un “muro” – in realtà un reticolato in filo spinato alto quattro metri – lungo i 175 km di frontiera tra il paese magiaro e la Serbia.
Obiettivo della barriera è contrastare il flusso di profughi, generalmente richiedenti asilo, che nei primi sei mesi di quest’anno ha raggiunto l’elevatissima somma di 72 mila persone attraverso la rotta denominata “dei Balcani occidentali”, attraverso Grecia, Macedonia e, appunto, la Serbia, diretta verso l’Ungheria, in cui tuttavia soltanto 6mila persone sono rimaste, le altre avendo preferito proseguire per gli altri paesi dell’Europa centro-settentrionale.
Contestualmente alla legge sul muro, che prevede procedure semplificate per l’esproprio dei terreni di frontiera per una profondità di 10 metri, sono state approvate ulteriori norme che velocizzano le procedure di valutazione delle richieste di asilo, condizionandole però all’obbligo di non allontanarsi senza autorizzazione per oltre 48 ore dal luogo di residenza designato, pena la decadenza della domanda, nonché alla limitazione del diritto di ricorso.
La rotta dei Balcani occidentali avrebbe nel frattempo superato perfino quella mediterranea in quanto a flusso immigratorio verso l’Unione europea: il numero di persone fermate alla frontiera tra Serbia e Ungheria è aumentato di 25 volte dal 2010, arrivando a oltre 60 mila unità.
Di fronte all’emergenza, davvero troppo per un paese con il reddito pro-capite tra i più bassi d’Europa e che proprio per la propria fierezza e indipendenza è stato aiutato meno di altri a risollevarsi dalla tragica esperienza comunista, il partito di governo Fidesz cui appartiene il presidente Orban, e il partito Jobbik, più radicale, nazionalista e identitario, hanno votato compatti portando la maggioranza a 151 voti, contro i soli 41 voti contrari.
Scontate le proteste dell’agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr), già presieduta a suo tempo da Laura Boldrini, nonché dell’associazione per i diritti umani a senso unico Amnesty International, che in un recentissimo rapporto denunciava che migranti e rifugiati sono letteralmente intrappolati nei Balcani ed abbandonati dall’Unione Europea, soggetti a trattamenti disumani, vessati dalle autorità locali e taglieggiati dalle gang, in Serbia e Macedonia, oltre che in Ungheria.
Possiamo scommettere che in fondo agli accoglienti paesi del centro e nord Europa non dispiacerà affatto il muro di Orban e Jobbik, devolvendo tutti i problemi agli Stati balcanici (e allo sforzo ungherese), così come se ne sono candidamente fregati degli enormi problemi e costi finora sopportati dall’Italia sull’altro fronte dell’emergenza. Così come è facile immaginare che l’inetto governo Italiano non sarà in grado di cogliere il precedente e finalmente erigere un altrettanto efficace “muro marittimo” a difesa delle sue frontiere meridionali.
Francesco Meneguzzo
Budapest, 8 lug – Il parlamento ungherese ha approvato ieri, su proposta del presidente nazionalista e populista Viktor Orban, la proposta annunciata da tempo per la costruzione di un “muro” – in realtà un reticolato in filo spinato alto quattro metri – lungo i 175 km di frontiera tra il paese magiaro e la Serbia.
Obiettivo della barriera è contrastare il flusso di profughi, generalmente richiedenti asilo, che nei primi sei mesi di quest’anno ha raggiunto l’elevatissima somma di 72 mila persone attraverso la rotta denominata “dei Balcani occidentali”, attraverso Grecia, Macedonia e, appunto, la Serbia, diretta verso l’Ungheria, in cui tuttavia soltanto 6mila persone sono rimaste, le altre avendo preferito proseguire per gli altri paesi dell’Europa centro-settentrionale.
Contestualmente alla legge sul muro, che prevede procedure semplificate per l’esproprio dei terreni di frontiera per una profondità di 10 metri, sono state approvate ulteriori norme che velocizzano le procedure di valutazione delle richieste di asilo, condizionandole però all’obbligo di non allontanarsi senza autorizzazione per oltre 48 ore dal luogo di residenza designato, pena la decadenza della domanda, nonché alla limitazione del diritto di ricorso.
La rotta dei Balcani occidentali avrebbe nel frattempo superato perfino quella mediterranea in quanto a flusso immigratorio verso l’Unione europea: il numero di persone fermate alla frontiera tra Serbia e Ungheria è aumentato di 25 volte dal 2010, arrivando a oltre 60 mila unità.
Di fronte all’emergenza, davvero troppo per un paese con il reddito pro-capite tra i più bassi d’Europa e che proprio per la propria fierezza e indipendenza è stato aiutato meno di altri a risollevarsi dalla tragica esperienza comunista, il partito di governo Fidesz cui appartiene il presidente Orban, e il partito Jobbik, più radicale, nazionalista e identitario, hanno votato compatti portando la maggioranza a 151 voti, contro i soli 41 voti contrari.
Scontate le proteste dell’agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr), già presieduta a suo tempo da Laura Boldrini, nonché dell’associazione per i diritti umani a senso unico Amnesty International, che in un recentissimo rapporto denunciava che migranti e rifugiati sono letteralmente intrappolati nei Balcani ed abbandonati dall’Unione Europea, soggetti a trattamenti disumani, vessati dalle autorità locali e taglieggiati dalle gang, in Serbia e Macedonia, oltre che in Ungheria.
Possiamo scommettere che in fondo agli accoglienti paesi del centro e nord Europa non dispiacerà affatto il muro di Orban e Jobbik, devolvendo tutti i problemi agli Stati balcanici (e allo sforzo ungherese), così come se ne sono candidamente fregati degli enormi problemi e costi finora sopportati dall’Italia sull’altro fronte dell’emergenza. Così come è facile immaginare che l’inetto governo Italiano non sarà in grado di cogliere il precedente e finalmente erigere un altrettanto efficace “muro marittimo” a difesa delle sue frontiere meridionali.
Francesco Meneguzzo