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Perché la crescita dell’Africa passa (anche) dalla produzione di latte: il caso Zimbabwe

by Giuseppe De Santis
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Zimbabwe, latte

Roma, 10 dic – Molti politici africani hanno capito che l’unico modo per eliminare la fame e la povertà è quello di investire nell’agricoltura per raggiungere l’autosufficienza alimentare. Negli ultimi anni in tal senso qualche passo in avanti c’è stato, ma ancora resta moltissimo da fare. Non tutte le classi dirigenti dei Paesi africani stanno affrontando questa sfida con impegno e serietà, anzi, ma tra i casi senz’altro lodevoli è degno di nota quello del governo dello Zimbabwe, che punta ad aumentare la produzione di latte.

Zimbabwe, il piano per aumentare la produzione di latte

Al momento la domanda annua di latte in Zimbabwe è di 120 milioni di litri all’anno, ma la produzione è di appena 80 milioni di litri. Di conseguenza i rimanenti 40 milioni per forza di cose devono essere importati e questo crea enormi problemi, considerata la carenza in loco di valuta pregiata. L’esecutivo di Harare ha per questo lanciato il Presidential Input Scheme, un piano che offre incentivi a 2000 piccoli agricoltori, per aiutarli ad aumentare la produzione di latte.

Nello specifico questi incentivi governativi prevedono la fornitura di erbe selezionate per le mucche, investimenti in nuove tecnologie e prestiti agevolati per migliorare la catena del valore del latte. Il tutto finalizzato a produrre latte di qualità e latticini, consentendo quindi agli allevatori di avere guadagni maggiori. C’è da dire che lo Zimbabwe non è l’unica nazione africana che si sta impegnando per aumentare la produzione di latte e la produttività degli allevatori. Un altro esempio al riguardo arriva dallo Zambia, un Paese che ha adottato politiche simili e in cui gli allevatori hanno ricevuto aiuti non anche dall’italiana Parmalat.

Giuseppe De Santis

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2 comments

fabio crociato 10 Dicembre 2022 - 4:14

Tra agricoltori ed allevatori non sempre tutto fila liscio, normalmente si inserisce un terzo incomodo, attore più chimico che bio, che costringe prima i secondi, poi i primi a produrre quantità eccessive, di qualità assai discutibile e penalizzante altre più intelligenti produzioni.
Ma è mai concepibile che si parli di prodotto bio ?! E il resto che è? Merda? Magari.

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Lappola 13 Dicembre 2022 - 10:35

Lo porteranno in dono ai “missionari” delle navi ong insieme ai quattrini del biglietto per la traversata.

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