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Business o diritti? Lo strano caso del turismo Lgbt in Emilia-Romagna

by Marco Battistini
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Roma, 26 feb – L’Emilia-Romagna, si sa, è una regione dalla doppia anima. Placidamente laboriosa nella corposa parte occidentale, attivamente esuberante nel piccolo quadrilatero che dalle prime colline si affaccia sull’Adriatico. Con un unico comune denominatore, quello dell’ospitalità. Giocoforza da queste parti la ricettività gode di ottima salute: nel 2024 – tra riviera, località appenniniche, terme città d’arte, divertimenti vari ed eventuali – oltre 40 milioni di presenze e quasi 12 milioni di arrivi. Secondo i dati Istat un bel 3% in più rispetto all’anno precedente. Ma “si può dare più”, come cantava – insieme a Umberto Tozzi ed Enrico Ruggeri – il bolognese Gianni Morandi. Cosa manca allora, si chiederà il lettore? Ovvio, il turismo Lgbt. Una questione di diritti. O forse no. Andiamo con ordine. 

Il progetto della regione Emilia-Romagna

Come riporta la stampa locale, infatti, la regione Emilia-Romagna (da tempo immemore a guida dem) in collaborazione con Sonders and Beach Group – gruppo specializzato nella particolare fetta di mercato con sede a Milano e San Francisco – ha sviluppato un progetto volto a far ottenere alle strutture quello che possiamo chiamare “bollino arcobaleno”. Nello specifico questa certificazione inclusiva, che sarebbe riconosciuta a livello globale, si chiama Queer Vadis.  

In soldoni trattasi di linee guida, comportamenti da adottare, strategie di marketing e tecniche di vendite orientati alla clientela omosessuale e rivolte agli operatori del settore turistico. Veri e propri corsi di formazione, con incontri in presenza e gli ormai immancabili webinar. Strutturato il prodotto turistico seguirà tutta la fase di promozione e commercializzazione: il tutto dovrebbe comprendere anche l’organizzazione di un evento a tema di portata internazionale. 

Il turismo Lgbt: potere d’acquisto e propensione al viaggio

Ma da dove nasce tutta questa premura della regione Emilia-Romagna per – utilizzando le parole dell’assessore Roberta Frisoni – “rendere gli operatori turistici e i territori ancora più pronti a offrire vacanze per tutte e tutti”? Ci sono forse gravi problemi di discriminazione delle persone omosessuali lungo l’antica strada consolare che collega ancora oggi Rimini a Piacenza? Vengono calpestati i diritti sociali (lavoro, sanità, previdenza) al mondo Lgbt?

La risposta è no. Anche perché nelle terre più rosse d’Italia sarebbe pure un bel paradosso. Qualcosa non torna. Appunto: poco sopra si parlava di mercato, prodotti, commercializzazione. Va da sé che non siamo stati gli unici a farlo. Ma non tutti hanno sottolineato un “piccolo” particolare: il turismo Lgbt infatti darebbe prova di elevato potere di acquisto (grazie a un sonante +38% di reddito) e alta propensione alla villeggiatura – in media 4 viaggi lunghi all’anno. Un giro d’affari mondiale stimato in 218 miliardi di dollari: di questi quasi 9 e mezzo finiscono nelle casse della ricettività italiana.

I soldi fanno scorrere l’acqua verso l’alto

Ci spingiamo in facili profezie: primo o poi qualcuno ci verrà orwellianamente a spiegare che solamente l’adozione di comportamenti diversi potrà garantire una reale uguaglianza. Nel frattempo teniamo in caldo la risposta. “I bajoc i’ fa andé l’acqua d’in sô” si dice in Romagna. Ovvero “i soldi fanno scorrere l’acqua verso l’alto”: ecco, molto più facilmente possono trasformare tutta la retorica sui diritti… in fatturato.

Marco Battistini

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