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Cara Ue, la vuoi la “quota massima” di clandestini che l’Italia può accogliere? Zero

by Stelio Fergola
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Ue quota massima clandestini

Roma, 27 mag – L’Ue ora studia una “quota massima” di clandestini ricevibile da ogni Paese. O di immigrati, che poi fa lo stesso, visto che la distinzione tra immigrazione regolare e illegale è, ormai, appesa a un filo molto sottile (legalizzare i flussi di irregolari, infatti, non muta di una virgola la questione, semmai la peggiora).

Ue, la quota massima di clandestini per ogni Paese

Ovviamente è tutto ancora “oggetto di discussione”, come da tradizione bruxelliana, ma il principio grosso modo sarebbe questo: dall’ “alta Europa” (solo geograficamente) si starebbe discutendo per arrivare ad un accordo sui clandestini che dovrebbe calcolare dati oggettivi e condivisi di ogni singolo Stato, al fine di valutare la sua del tutto presunta capacità oggettiva o “adeguata” di continuare ad accogliere. Si tratterebbe di un meccanismo dinamico che terrebbe contro di flussi di ingresso e di uscita, e il tutto dovrebbe condurre a un fantasmagorico “tetto annuale”. Da qui il passaggio a una “solidarietà obbligatoria” sarebbe conseguente, rispetto ai ricollocamenti del tutto volontari attuali, un concetto che è stato sottolineato anche dalla presidenza di turno dell’Ue, quella svedese. Ma si tratta di un altro bluff, dal momento che nel testo si precisa in modo del tutto contraddittorio che no, i ricollocamenti stessi non saranno mai resi “obbligatori”. La domanda sorge spontanea: ma allora di che diamine stiamo parlando? Questo ammesso e non concesso – con estrema generosità – di voler recepire l’idea malsana del ricollocamento come proficua allo scopo di fermare o quanto meno ridimensionare un fenomeno così distruttivo.

La quota massima di clandestini ricevibili? È zero

Eppure il conto sarebbe così semplice, cara Bruxelles. L’Ue immagina di calcolare una quota massima di clandestini che è già bella che pronta, misurabile in un istante e senza alcuna complicata analisi matematica: zero. Quanto meno se si parla di clandestini e non di rifugiati, considerando che i primi sono la stragrande maggioranza di coloro che arrivano, da sempre, senza che nessuno apra bocca su una sproporzione così grave. Perché è zero? Perché non esiste nessuna variabile che tenga, quando si riversano su un territorio, qualsiasi territorio, orde intere di persone provenienti da un’altra società, un altro Stato, un’altra Nazione e un’altra cultura. Neanche quella economica. Anche il più florido dei contesti socioeconomici, infatti, non può certamente eliminare la povertà tout court. Può, al massimo, ridurla ai minimi termini, sostenendo con ogni mezzo chi è in difficoltà. È la sola idea di dover “dividere” la cura dei propri cittadini indigenti con quella di altri indigenti improvvisamente sbarcati sul proprio territorio ad essere profondamente ingiusta e immorale. Sulla base di cosa, di che? Di quale principio moralmente accettabile? Ricordiamo a chi vive sulla luna che case popolari esistevano anche negli anni Sessanta del secolo scorso, quando l’Italia era al massimo dell’occupazione e del reddito pro capite della sua storia. Allora come oggi, non può, come nessuno, dividere quel titpo di sostegno sociale tra i suoi cittadini bisognosi e persone provenienti da fuori che non ne hanno alcun diritto. Non qualcuno sia chiaro, proprio “alcuno”. Matematicamente. A meno di non privare di diritti fondamentali i propri cittadini in difficoltà solo perché qualcuno ha deciso così, per principio: sia chiaro di nuovo.

Stelio Fergola

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