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Caso Morisi: ecco la doppia morale della sinistra

by Francesca Totolo
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Morisi, sinistra

Roma, 29 set – Lunedì 27 settembre, a sei giorni dalle elezioni amministrative, scoppia il caso Luca Morisi. Nella casa dell’ex social media manager di Matteo Salvini, dimessosi dalla carica settimana scorsa, sono stati rinvenuti meno di due grammi di cocaina. L’iscrizione di Morisi nel registro degli indagati “per sospetta detenzione e cessione di sostanza stupefacente” avviene quando due romeni, che erano stati nella casa del social media manager, vengono fermati dai carabinieri. Questi ultimi trovano all’interno dell’auto una fiala di liquido, forse di Ghb, e i due romeni riferiscono che sia stato proprio Morisi a fornirgliela. Da quel momento, scatta la gogna mediatica e giustizialista della sinistra contro Morisi che, fino a prova contraria, rimarrà innocente fino al terzo grado di giudizio. Ormai, come si è già ampiamente cristallizzato nel libro La morale sinistra edito da Altaforte Edizioni, il garantismo esiste solo per i compagni di partito. Spesso i casi giudiziari riguardanti la detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, che hanno visto come protagonisti esponenti e amministratori della sinistra, sono passati mediaticamente sottotraccia, mentre Morisi è stato sbattuto in prima pagina e nei servizi di apertura dei telegiornali.

Il consigliere comunale del Partito Democratico arrestato con 20 chili di droga

Nell’aprile del 2016, il consigliere comunale del Partito Democratico di Siracusa, Antonio Bonafede, fu arrestato a Pozzallo, nel Ragusano, mentre si stava per imbarcare con altri due uomini su un traghetto diretto a Malta. All’interno di un borsone e di un trolley, la polizia di Stato trovò e sequestrò 16 chili di marijuana e tre chili e mezzo di hashish. L’arresto di Bonafede era la fase finale di una complessa attività di osservazione e di pedinamento da parte della squadra mobile. Nel 2020, verrà reso noto che la droga detenuta dal consigliere Bonafede apparteneva al gruppo criminale capeggiato dal boss Sebastiano Sardo, poi diventato collaboratore di giustizia.

Il consigliere del Pd che dichiarava guerra alla droga mentre la spacciava

Nel 2012, Leonardo Simoni, consigliere del Partito Democratico e presidente della commissione bilancio del Comune di Montevarchi, fu arrestato per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio. Nella sua abitazione, i carabinieri trovarono due chili di marijuana. Qualche mese prima del suo arresto, Simoni aveva presentato una mozione per contrastare l’uso della droga, nella quale chiedeva al sindaco e alla giunta di “ampliare il contrasto alle droghe, attraverso politiche giovanili più attive”.

Leonardo Simoni venne poi condannato a due anni e quattro mesi di reclusione e gli vennero riconosciute le attenuanti generiche. L’ex consigliere del Pd si difese affermando che usava la marijuana con scopi terapeutici. Nel 2016, dopo essere tornato in politica come portavoce di un raggruppamento di forze di sinistra (Politica e Servizio, Sel Montevarchi e Sinistra per Montevarchi), Leonardi fu nuovamente arrestato per reati legati alla droga. Nel giardino della sua abitazione, i carabinieri trovarono 24 piante di marijuana e 90 grammi di altre piante già essiccate. Processato per direttissima presso il Tribunale di Arezzo, fu condannato in primo grado all’obbligo di firma.

Rita Bernardini, la deputata Pd graziata dalla procura

Nel 2019, i carabinieri avevano trovato 32 piante di marijuana nell’abitazione della radicale Rita Bernardini, ex deputata del Partito Democratico. La Bernardini venne arrestata dal maresciallo Enrico Sebastiano per violazione dell’articolo 73 comma 1 del “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti”. Una volta arrivata in caserma, il superiore di Sebastiani lo aveva informato che la ex deputata del Pd doveva essere scarcerata. L’ordine era partito direttamente dal procuratore di Roma, Michele Prestipino. Il rischio era che un arresto del genere provocasse una eccessiva “risonanza mediatica“. Quindi, i carabinieri erano stati costretti ad accompagnare la Bernardini al proprio domicilio, convocandola il giorno successivo in tribunale per il rito direttissimo. Addirittura, a Sebastiani venne notificato un procedimento disciplinare, sulla base di una segnalazione dello stesso Prestipino e della pm di turno quel giorno, Giulia Guccione. L’accusa era quella di essersi intromesso “inappropriatamente” nell’accordo preso dal procuratore con il suo superiore.

Rita Bernardini poi si giustificò: “Le coltivo a scopo terapeutico”. L’ex deputata del Partito Democratico, da sempre attiva nella cosiddetta disobbedienza civile per la legalizzazione della cannabis, scrisse un post su Facebook sulla sua tempestiva liberazione: “Cosi si usano due pesi e due misure e la legge finisce per non essere ugual per tutti”.

Luca Odevaine, dalla droga a Mafia Capitale

Come già circostanziato nel libro “La morale sinistra”, l’ex vicecapo di gabinetto di Walter Veltroni ai tempi in cui era sindaco di Roma e poi componente autorevole del tavolo di coordinamento per l’emergenza immigrati al Ministero dell’Interno, nonché capo della polizia provinciale con Nicola Zingaretti, Luca Odevaine ha patteggiato una pena di cinque anni e due mesi di reclusione, nell’ambito dell’inchiesta “Mafia Capitale”. Nel 2014, durante tali investigazioni, si scoprì che Odevaine cambiò cognome venticinque anni prima per nascondere una condanna per droga, poi cancellata dall’indulto, allo scopo di non compromettere la sua carriera nelle istituzioni. “Due anni di reclusione per il reato di stupefacenti, pena per la quale gli è stato concesso l’indulto nel 1991 e la riabilitazione nel 2003″, scrisse il gip Flavia Costantini. Il braccio destro di Veltroni aggiunse la lettera “e” alla fine del cognome.

Luca Odevaine e Salvatore Buzzi in una conversazione intercettata dai Ros

In un’intercettazione nell’ambito di “Mafia Capitale”, Odevaine si lamentava che gli Stati Uniti gli avevano negato il visto d’entrata: “Sai che gli americani mi hanno respinto il visto… mi hanno messo l’articolo di una legge… e mi hanno citato l’articolo di una legge che dirà che se uno è stato condannato non può anda’ negli Stati Uniti, cioè una roba da matti… è veramente una cosa assurda, cioè in una democrazia come quella… cioè che uno abbia avuto una condanna 26 anni fa… che sia stato riabilitato e comunque ha avuto ruoli pubblici e tutto quanto tu non puoi anda’ negli Stati Uniti”.

Alessia Morani e gli Hamed

La deputata del Pd Alessia Morani, cavalcando l’ondata di fango contro Luca Morisi e di riflesso contro Matteo Salvini, ha pubblicato prontamente il seguente tweet: “Salvini dopo avere messo alla gogna per anni attraverso Morisi una quantità impressionante di persone si dice ‘disgustato dalla schifezza mediatica che condanna le persone senza un giudice’. Se Morisi si fosse chiamato Hamed la musica sarebbe stata un’altra. Quanta ipocrisia”.

Informiamo la deputata Morani che, proprio grazie alle politiche fallimentari del Partito Democratico sull’immigrazione, in Italia sono sbarcati circa 700mila clandestini negli ultimi anni. Molti irregolari sono poi finiti a fare gli “Hamed” sulle strade italiane, come documentato anche dai dati dell’Istat. Nel 2017, il 41,7 per cento delle condanne con sentenza irrevocabile riguardanti il reato di spaccio di stupefacenti e sostanza psicotrope sono state emesse dai tribunali italiani nei confronti di immigrati (8,5 per cento della popolazione residente in Italia), ovvero gli immigrati sono stati condannati 7,7 volte in più rispetto agli italiani.

Nel 2020, per quanto riguarda il reato di spaccio di stupefacenti e sostanze psicotrope, gli immigrati erano il 34 per cento dei detenuti nelle carceri italiane.

Quindi, la Morani dovrebbe pure lei preoccuparsi degli allarmanti numeri sullo spaccio di droga riguardanti gli “Hamed”, invece di fare facile ironia, e magari dovrebbe dare un’occhiata all’”album di famiglia” del Partito Democratico, prima di spalare fango sugli altri partiti.

Francesca Totolo

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2 comments

Prof. Massimo Sconvolto 29 Settembre 2021 - 11:08

E’ notorio che chi non ha testa deve usare le braccia e spalare se no saremmo tutti manager e nessuno farebbe più lavori manuali.

Anche se qualche possibilità di fare lavori di alta caratura con un sufficiente numero di elettori pur senza ingegno parebbe esserci. 😀

Al solito con osservanza ed ex art. 21 Costituzione

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Barbara 29 Settembre 2021 - 11:47

Cosa ci fa questo nella destra? La Lega è diventato oramai un cavallo di troia della sinistra. Fuori gli invertiti dalla destra!!

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