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Il Covid ha infettato anche il diritto: ma le leggi scritte male indeboliscono lo Stato

by Asgar
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Roma, 26 feb – Un’alluvione di norme – di vario tipo e a volte piuttosto sospette sotto il profilo della legittimità costituzionale – si è riversata sull’ordinamento giuridico italiano negli ultimi due anni. Una congerie di decreti legge, non sempre seguiti dalle necessarie leggi di conversione, e un ricorso frequentissimo ad altri tipi di provvedimenti – i famigerati decreti del presidente del Consiglio dei ministri su tutti – hanno veicolato la reazione alla pandemia da Covid e alle sue apparentemente infinite varianti, determinando mutamenti continui e rapsodici, talvolta contraddittori, della disciplina di aspetti fondamentali della vita sociale.

Infinita pandemia

E nonostante il tempo trascorso, l’attività legislativa sembra ancora preda di una continua emergenza, come se non si fosse maturata alcuna esperienza per far fronte all’invasione di un virus che ha assunto una preoccupante stabilità e con il quale, perciò, si dovrebbe avere ormai dimestichezza.

Viene da dire che, se la pandemia si è consolidata, la legislazione che dovrebbe fronteggiarla rimane precaria e incerta. Non si riesce, in altre parole, ad adottare previsioni che fissino regole che – pur concepite per avere una durata necessariamente temporanea – abbiano l’ambizione di restituire al diritto quella funzione di conferire certezza ai rapporti giuridici, anche in momenti di estrema difficoltà. Eppure, l’obiettivo non è affatto impossibile, se è vero che è già stato raggiunto in periodi più complessi: basta rivolgere lo sguardo, in un panorama vastissimo, al Codice civile per accorgersi che il testo che da quasi un secolo disciplina il diritto privato ha visto la luce nel mezzo di un conflitto mondiale, nonostante il legislatore fosse contemporaneamente impegnato a gestire pure le implicazioni giuridiche delle vicende belliche.

Le leggi al tempo del Covid

A ben vedere, allora, la situazione attuale è la spia di una crisi ben più grave e profonda che esula dal Covid e rende manifesta l’incapacità di immaginare e realizzare un sistema giuridico duraturo o, comunque, di architettare leggi e soluzioni idonee a fronteggiare efficacemente un determinato problema. È una patologia che affligge l’ordinamento italiano ormai da anni e si è diffusa in ogni ramo del diritto, persino negli ambiti più delicati e su aspetti fondamentali. Riforme e novelle si susseguono con ritmo forsennato, ma hanno vita brevissima e sono fatalmente destinate, nel volgere di un periodo altrettanto brevissimo, a seguire la stessa sorte delle norme che avevano modificato. Esempi eclatanti, fra tutti, sono le vicende della prescrizione e la dilaniata materia del processo penale.

Ma a rendere ancor più complicata la gestione di questo affastellarsi di norme è lo scadimento della qualità dei provvedimenti legislativi, troppo spesso costruiti con formule generiche e superficiali, a volte viziati da errori o da altre lacune che ne compromettono sin dal principio l’efficacia. Un difetto che si ripercuote negativamente in ogni dimensione. L’inesattezza di una legge, infatti, determina incertezza nei rapporti giuridici – con quanto ne consegue, ad esempio, in termini di maggiore conflittualità sociale –, ingolfa l’apparato amministrativo, rallentato da meccanismi mal congegnati, e, in ultima istanza, può sconvolgere persino l’assetto istituzionale. Un legislatore che compie…

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