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Giorgia, se ci sei, batti un colpo

by Valerio Benedetti
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Giorgia Meloni Fdi

Nel numero dello scorso novembre, avevamo analizzato le potenzialità e i limiti dell’appena insediato governo Meloni. Vista la contingenza internazionale, obiettivamente molto complicata, avevamo appurato quanto fosse irrealistico aspettarsi un esecutivo di rottura. La guerra russo-ucraina, la crisi energetica e la recessione economica rappresentano infatti ostacoli pressoché insormontabili per qualsiasi governo in cerca di spazi di manovra. Soprattutto per una nazione come l’Italia, che dal 2011 è di fatto commissariata.

Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di aprile 2023

Ciò nondimeno, le speranze erano tutte riposte in un’agenda «minima» che, senza pretendere la luna, potesse segnare una netta discontinuità rispetto all’esperienza giallorossa a trazione piddina. Nel concreto: coraggio nell’imporre alcune tematiche culturali care al mondo «non conforme», o comunque nel non replicare all’infinito la sudditanza nei confronti dell’ideologia dominante; contrasto deciso all’immigrazione clandestina, in continuità con le politiche salviniane del biennio 2018-2019; rifiuto categorico dello ius soli e di altri stravolgimenti delle leggi sulla cittadinanza; opposizione ferma all’agenda Lgbt e ai deliri del transfemminismo.

Il vuoto pneumatico del governo Meloni

Ebbene, duole dirlo, ma a circa sei mesi dall’insediamento del nuovo governo, tutte queste speranze sono state disattese. Da un punto di vista culturale, si è fatto poco o nulla. Certo, non si scardina un’egemonia pluridecennale – come quella costruita dalla sinistra – dall’oggi al domani. Purtuttavia, almeno qualche idea più concreta poteva essere messa sul piatto. Qualcosa di meglio, tanto per intendersi, di Gennaro Sangiuliano che dà a Dante Alighieri la ridicola patente di «fondatore del pensiero di destra in Italia». Il sommo poeta, molto probabilmente, si sarà rivoltato nella tomba. E ne avrebbe avuto ben donde.

Ma se in questo campo ancora molto può essere fatto e – malgrado le continue e irritanti uscite di un Valditara – qualche credito è ancora doveroso concederlo, ben più preoccupanti sono i cedimenti della maggioranza su due temi fondamentali. Due temi, va ribadito, su cui Fratelli d’Italia ha costruito le sue fortune elettorali e per cui ha ricevuto un ampio suffragio da parte degli italiani. Ci riferiamo al tema dell’immigrazione e a quello dell’agenda Lgbt.

Partiamo dal primo. I numeri degli sbarchi clandestini non solo non sono diminuiti, ma sono addirittura aumentati. Peraltro in inverno, ossia una stagione inclemente che presenta diversi rischi per chi intende attraversare il Mediterraneo. In sostanza, la Meloni è passata dall’idea (difficile) di un blocco navale alla resa pressoché incondizionata alle Ong e ai loro padrini. Delle figuracce di Piantedosi, sempre più goffo, sono ormai pieni i fossi. Era lui l’uomo giusto per il Viminale? Uno, cioè, che da prefetto di Roma è passato da Salvini alla Lamorgese senza batter ciglio. Uno che, nel piano sgomberi della Capitale, ha servito decine di assist ai centri sociali rossi, arrivando persino a trascurare gli anarchici (gli stessi anarchici che hanno minacciato pubblicamente Ignazio La Russa e che, peraltro, i servizi segreti indicano come vera minaccia eversiva in Italia). Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.

Ah, ma non è Lercio

Ma, ahinoi, questo non era che il principio. A pochi giorni dalla tragedia di Cutro, che in teoria conferma la necessità di bloccare definitivamente l’immigrazione, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida se n’è uscito con dichiarazioni raggelanti: «Ci sono tra i 300 e i 500mila posti di lavoro disponibili, e questo può dar vita a un’immigrazione legale, che noi riteniamo giusta». In Italia, ha spiegato il cognato di Giorgia Meloni, «il lavoro c’è, in tanti settori: agricoltura, ma anche edilizia, trasporti, turismo e non solo. C’è una richiesta di forza lavoro che non riusciamo a colmare sul mercato interno, anche a causa del Reddito di cittadinanza che ha aumentato la carenza di persone disponibili a fare determinate attività».

Sembra incredibile, ma è proprio così: un esponente di Fdi ci sta dicendo che «ci sono lavori che gli italiani non vogliono più fare». Si tratta, cioè, della balla stratosferica che per anni ci hanno raccontato Pd e +Europa. Davvero singolare che il ministro della «sovranità alimentare» – cosmesi linguistica a questo punto puramente formale – non sappia che è vero proprio il contrario: semmai, «ci sono paghe che gli italiani non vogliono più accettare». Perché il diritto a un degno salario e alle tutele sul lavoro, gli italiani, se lo sono guadagnato in due secoli di sacrosante lotte sindacali. Se l’idea è quella di sopperire alla carenza di manodopera importando disperati pronti a qualsiasi paga e a condizioni d’impego indegne, allora questo governo avrebbe dovuto dirlo forte e chiaro in campagna elettorale.  

Ma non è tutto. Lo scorso marzo si è tornati – per l’ennesima volta – a cianciare di ius soli. Invitato alla trasmissione Agorà (Rai3), il senatore di Fdi Marco Lisei, pur ribadendo la necessità di mantenere lo ius sanguinis, si è lasciato scappare questa frase: «Meloni non è stata contraria in assoluto allo ius soli. Chiaro che non può essere una sanatoria come vuole il centrosinistra, che darebbe la cittadinanza con la tessera della Coop». Insomma, anche qui c’è stata una timida apertura a uno storico cavallo di battaglia degli immigrazionisti.

Al di là delle dichiarazioni fatte, poi rimangiate, infine smentite, lascia però allibiti la scarsa consapevolezza che gli esponenti di centrodestra hanno su questo tema epocale. È proprio l’approccio liberal-conservatore che è sballato: se un immigrato non delinque, paga le tasse e non calpesta le aiuole, comunque non è e non sarà mai italiano. Punto. Del resto, è esattamente così che si sono fatte le cose in Francia, Regno Unito e Belgio: gli ex sudditi delle colonie sono stati importati come manodopera a basso costo, pensando di integrare e assimilare senza soverchi problemi i nuovi arrivati. Il risultato? Ghetti etnici, banlieue, quartieri dormitorio, no go zone, criminalità diffusa, baby gang, in alcuni casi addirittura terrorismo. Possibile che si debbano spiegare ancora queste cose ai politici di centrodestra?

Destra arcobaleno?

E ora arriviamo alla nota più stonata dell’orchestra diretta dalla Meloni. E cioè le inquietanti aperture della maggioranza alle lobby Lgbt. Luca Zaia, governatore del Veneto, ha avuto la brillante idea di…

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