Il fango, che ha ricoperto la Lega, ha eroso ogni sua fondamenta ed ora il neo segretario deve trovare il modo di uscire lentamente dalla palude in cui il movimento è sprofondato. Gli strumenti prescelti sembrano ormai chiari: anti-europeismo (in chiave populista per catturare i recenti fomenti della piazza) ed il secessionismo.
Lo dimostra Il Movimento dei Giovani padani che ha adornato la sala del lingotto con scritte come “Al Nord vogliamo il muro”, Matteo,basta Italia” oppure “Secessione: l’Italia non esiste”. Per tutta risposta, il leader acclama dal palco: “Non ci fermiamo fino all’indipendenza”.
Il neo segretario punta dunque ai voti degli “indipendentisti del nord” per rilanciare il partito richiamando un ritorno alle origini. Prese di posizione che fanno gia discutere il mondo politico ed alcuni alleati come Guido Crosetto che si chiede: “Dove sta la verità? Devo credere a quello che abbiamo sentito al Lingotto, oppure alle parole di Maroni che stringe la mano ad Alfano, che appoggia Letta”.
Su una cosa però Salvini ha ragione, in Italia vigono due pesi e due misure. Se da una parte, in una comoda sala del Lingotto, risiede chi disprezza la nazione fino ad arrivare, in un recente passato, a bruciarne pubblicamente i vessilli dall’altra un ragazzo,Simone Di Stefano, è stato condannato a tre mesi di reclusione, commutati poi in obbligo di firma, per aver issato il tricolore al posto della bandiera europea.
Cesare Dragandana.