Roma, 30 gen – Nel corso dell’attuale crisi di governo assistiamo ancor più alla trasformazione della politica in talk show. Smentite, attacchi a cui fanno seguito astensioni piuttosto che voti contrari e finte distensioni rendono idea della distanza tra popolo ed istituzioni. Complice il silenzio assordante del Quirinale, teoricamente garante imparziale della volontà popolare, vige una fase di stallo che la nazione non potrebbe permettersi, data l’emergenza. Sarebbe prioritario scrivere di altre tematiche, ma non possiamo esimerci dall’analizzare il fallimento di uno dei protagonisti dell’ennesima “soap opera”: il Partito Democratico.
Partito Democratico grande sconfitto
Il Partito Democratico, nel giro di pochi anni, si è trasformato da assodata forza a comparsa della scena politica. Nonostante sia figlio dell’unione tra comunisti e democristiani, soffre proprio l’incapacità di fungere da mediatore. L’attuale segretario Nicola Zingaretti ha già dimostrato tutta la sua inconsistenza. Nella crisi del 2019 chiese la discontinuità del premier e il ritorno al voto. Non spuntò nessuna delle due proposte. Facile dedurre che la sua parola non ha peso sulle scelte dei parlamentari. Essi sono diretti dall’attuale capodelegazione Dario Franceschini ed in parte da Matteo Renzi, che nel 2018 da esponente del partito compilò una fetta di liste elettorali.
Ne sono prova ulteriore le giravolte comunicative tenute dal Partito Democratico nelle scorse settimane. Minacciando il ritorno al voto, ha provato ed evitare il ritiro dei ministri in quota Italia Viva, ritornando in fretta sui suoi passi a crisi innescata. Il veto posto sul rientro di Renzi in maggioranza appare pertanto rinnegabile, dato che i corteggiati “responsabili” che dovrebbero sostituire i renziani al momento latitano. Senza poi considerare che lo stesso Pd ha dovuto offrire un proprio senatore in prestito per poter formare il gruppo stampella “Europeisti”.
L’inesorabile declino dem
Ulteriore ed ultima, solo in ordine cronologico, giravolta piddina è quella sulla legge elettorale. Anni di proposte sul maggioritario sono stati accantonati, stante l’utilità della legge proporzionale al fine di provare a fermare l’ascesa delle forze sovraniste. L’inesorabile declino del Pd ha scosso la coscienza di personaggi pubblici vicini alla sinistra italiana. Marco Damilano, Paolo Mieli e Maurizio Cacciari hanno ad esempio espresso risentimento per l’amministrazione del partito. Una debolezza, quella del Partito Democratico, che apre spazi di manovra alla destra italiana. Ammesso che sappia capitalizzare un consenso ad oggi senza precedenti.
Tommaso Alessandro De Filippo
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