Roma, 14 ago – Esattamente quattro anni fa, alle ore 11:36, a Genova crollava il Ponte Morandi. Il bilancio di quella tragedia fu di 43 morti, più vari feriti e sfollati. Non si trattò, tuttavia, di una fatalità. Tant’è che la Procura di Genova ha richiesto il processo per 59 persone, colpevoli – secondo l’accusa – di non aver curato in maniera adeguata la manutenzione del viadotto Polcevera. In tutto ciò, lo Stato ha ripreso sì il controllo di Autostrade, ma facendo un regalo inspiegabile ai Benetton. Quasi per ringraziarli del lavoro svolto…
Meno Stato più mercato = Ponte Morandi
E qui arriviamo al punto: da dove nasce la tragedia del Ponte Morandi? Semplice: da quell’assurda ritirata dello Stato di fronte al mercato; dal pubblico che cede terreno al privato, anche e soprattutto dove non dovrebbe. «Meno Stato più mercato» recita, infatti, un noto adagio del pensiero dominante. Ce lo hanno detto in tutte le salse e a reti unificate: se lasciamo liberi gli attori economici di agire secondo le leggi «naturali» della domanda e dell’offerta, tutta la società ne trarrà beneficio. Altrimenti saremo inevitabilmente condannati a una politica di sprechi e a una burocrazia elefantiaca che soffoca l’inventiva imprenditoriale. Il corollario di questa mitologia mercatista è evidente: i politici, e perciò lo Stato, sono degli ingombranti intralci sulla via che conduce alle «magnifiche sorti e progressive» dell’Occidente neoliberale.
Macché «spesa pubblica improduttiva»
Nella narrazione globalista che sostiene il «mercato autoregolato», il male assoluto è ovviamente la «spesa pubblica improduttiva». E poco importa che «spesa pubblica» voglia dire istruzione e sanità gratuite, infrastrutture e manutenzione (tra cui, appunto, il Ponte Morandi). Ciò che conta è che la funzione politica sia subordinata all’economia, o meglio all’economia dei privati. Il che non è esattamente la stessa cosa. Di più: la classe dirigente – ogni classe dirigente – è ipso facto un’accolita di incompetenti, ladri e corrotti. Non stupisce che, a questo punto del discorso, l’ideale dei neoliberali siano i cosiddetti «governi tecnici». Il che, oltre a essere ben poco desiderabile (Monti docet), è anche utopistico. Proprio perché, nelle politiche sociali, non esiste mai una risposta univoca, quasi fosse la risultante di un’equazione, ma esistono solo applicazioni tecniche di una direttiva, appunto, politica. Perché la politica è visione e decisione, non certo ordinaria amministrazione. Una società non è un’azienda, uno Stato non è un condominio.
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Tutto questo discorso, d’altronde, parte da un equivoco. E cioè quello di trattare l’economia come se fosse una scienza naturale. Di qui lo sproloquiare di «leggi naturali» del mercato, che ovviamente «naturali» non lo sono affatto. Proprio perché l’economia – che poi altro non è se non la gestione dell’oikos, della «casa», e quindi dello Stato – non è assolutamente una scienza matematica, bensì una scienza sociale. Pertanto, ha a che fare più con gli uomini che con i numeri. E l’homo oeconomicus, nella realtà concreta, non esiste. È e rimane un’astrazione, forse utile allo scienziato, ma certo inservibile per il legislatore. Se non si tiene a mente questa falsa premessa («il mercato è efficiente se non intralciato dalla politica»), non si comprende a pieno la falsa conclusione: «meno Stato più mercato». Eppure, è proprio su questa impostazione fallace che poggia tutto l’impianto ideologico del neoliberalismo e – di rimando – di quasi tutte le «società occidentali». E così ti ritrovi il Ponte Morandi crollato, strutture ospedaliere che non hanno retto all’urto del Covid-19 e, dulcis in fundo, un Recovery Plan che stanzia miliardi per l’«inclusione» e noccioline per la sanità. Del resto, «ce lo chiedono i mercati».
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Senza Stato non esiste sovranità
Insomma, per farla breve, senza lo Stato, cioè senza la politica, non può esistere la sovranità. Questo, in realtà, lo sanno anche i sassi. Peccato solo che tutto ciò sia ignoto a buona parte dei (presunti) «sovranisti», alcuni dei quali – tra un arancino, una diretta Facebook e un «buongiornissimo caffè» – hanno eretto a propri eroi gente come Reagan, Draghi e la Thatcher. E pensare che della necessità dello Stato sono consapevoli anche… i neoliberali! Solo che loro vogliono un altro tipo di Stato, cioè il cosiddetto «Stato minimo». Quello, tanto per capirsi, che si limita a curare le aiuole sotto casa del banchiere di Francoforte e a multare il povero Cristo senza green pass. Quello Stato, in sintesi, che interviene solo per sedare le rivolte dei «deprecabili» (Hillary Clinton dixit), ma che per il resto «lascia fare» ai padreterni della finanza. I risultati? Tra gli altri, la tragedia del Ponte Morandi: un privato (Atlantia) eredita un asset strategico nazionale (le autostrade), agendo in condizioni di monopolio, e aumenta i profitti (pedaggi più alti) fregandosene del bene comune (manutenzione delle infrastrutture). Il crollo del viadotto Polcevera non è stato solo una tragedia, ma una metafora del trionfo dei mercati sullo Stato. Quand’è che i «sovranisti» lo capiranno?
Valerio Benedetti
4 comments
I “sovranisti”, i liberali di destra, Meloni e Salvini non lo capiranno mai.
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Insistete, insistete…, ma gerarchicamente il problema non è del privato, il problema è lo Stato che non ha dato il buon esempio addirittura riversando le sue incapacità sul privato al punto da rendere dei sudditi, discutibili privilegiati, complici !! Finitela di attaccare il privato (la cui denominazione già lo pone in posizione secondaria), è lo Stato che è crollato e manca. Come, storicamente, certa monarchia del resto. La soluzione è indirizzare i privati a credere in uno Stato del tutto nuovo, da creare con l’ aiuto dei veri credenti! Non certo circondati da leccaculo della gran m…..a! La democrazia svuotata ha fallito.
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