Roma, 26 lug – Il ministero dell’Istruzione ha siglato un protocollo d’intesa con l’Associazione nazionale dei partigiani, che avrà libertà di propaganda nelle scuole per i prossimi tre anni. A spese dei contribuenti.
L’accordo punta a “promuovere e sviluppare progetti didattici nelle scuole per divulgare i valori della Costituzione repubblicana e gli ideali di democrazia, libertà, solidarietà e pluralismo culturale”. Una veste formale che lascia intravedere delle crepe e in cui l’interlocutore scelto dal ministero può entrare solo sulla carta.
L’Anpi è nota infatti per le sue prese di posizione, con l’anima di scomunica, rivolte contro gli avversari politici e in generale contro chiunque metta in discussione il dogma di una resistenza eroica e senza macchie. Un modo di agire che trafigge al cuore tutti i concetti evocati dal protocollo d’intesa, lasciandoli penzolare come stracci mossi solo dal vento.
Sospendendo ad libitum vari principi costituzionali, fra cui quelli di libertà di espressione e di associazione, l’Anpi ha infatti più volte contrastato riunioni e iniziative di parlamentari e partiti politici non graditi, dal Pdl e Lega Nord fino al Movimento 5 Stelle, arrivando a chiedere lo scioglimento di associazioni legalmente riconosciute sulla base di presunti reati ideologici.
Sotto la scure della censura partigiana sono finiti anche vari personaggi del panorama culturale italiano, rei di affermare versioni discordanti da quelle codificate dall’Anpi, con buona pace del pluralismo culturale. Le scomuniche hanno riguardato anche persone di sinistra – come Giampaolo Pansa per aver scritto sugli eccidi partigiani o Simone Cristicchi per aver parlato degli esuli istriani – colpite ancor più duramente perché non silenziabili con l’anatema del fascista.
Sono note anche le richieste dell’Associazione dei partigiani contro targhe e statue non gradite o al fine di cambiare i nomi di scuole intitolate a personaggi non allineati.
Alla luce di questo il ministro Stefania Giannini ha deciso di consegnare all’Anpi le chiavi delle scuole, così da bruciare alla radice la pianta del dibattito storiografico. Il menù culturale a disposizione della formazione dei giovani si riduce ad un piatto solo, in un sistema scolastico già piuttosto malconcio e ancora sepolto sotto il bombardamento di una propaganda politica a senso unico in atto da settant’anni.
Dulcis in fundo, il ministero dell’Istruzione, scoprendo risorse economiche che i pesanti tagli degli ultimi anni non lasciavano presumere, si accolla gli oneri finanziari dell’operazione.
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