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La sinistra e l’Umbria: storia di un suicidio politico annunciato

by Lorenzo Zuppini
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di maio e zingaretti

Perugia, 28 ott – Anche la civile e rossa Umbria si è trasformata in un avamposto del fascismo medioevale, che la destra capitanata da Salvini ha ideato e adottato come metodo per persuadere le masse. Adesso un intero esercito di commentatori, cronisti, editorialisti e sondaggisti da salotto darà il meglio di sé per elaborare una formula che si adatti all’esigenza di non ammettere la disfatta e che indichi come fattore decisivo il vento di grettezza importato dalla destra bifolca. Perché il nocciolo della questione riguarda sempre quell’insospettabile senso di superiorità morale che contraddistingue sinistra e grillini, in virtù del quale essi hanno ritenuto fattibile un’alleanza che non sta in piedi neanche nei peggiori incubi.

Un’alleanza “folle”

Un’alleanza, è bene ricordarlo, nata a metà agosto per evitare alle eventuali elezioni politiche il risultato che si palesato stanotte e solidificatasi per queste elezioni regionali dopo lo scandalo targato Pd e denunziato dal Movimento. Un aggroviglio, cioè, di sotterfugi e di paure irrazionali che hanno condotto Di Maio e Zingaretti a prendere una decisione che anche i sassi riconoscevano come folle. Il dato che accomuna i due riguarda la speranza di irretire il popolo umbro col raccontino mistificatorio dell’unica soluzione possibile rappresentata da loro stessi, come se il panorama politico, guardando oltre, offrisse altro che impresentabili straccioni. Una tecnica, quella del massacro della dignità dell’avversario, che non porta mai bene se ad essa, come minimo, non viene affiancata un’idea di governo nazionale che si riversi anche sulle amministrazioni locali.

Perché il ragionamento è questo: se costoro al governo della nazione si propongono come tassaioli, come invasionisti, come reticenti sulla questione sicurezza che amano affrontare coi fiori in mano, allora non si capisce per quale motivo dovrebbero riscuotere fiducia e successo a livello locale. Anzi, affiancare a un loro governo nazionale un loro governo locale, significherebbe creare un linea diretta di disastri e follie che non troverebbe una diga neanche nel governo degli enti territoriali. Hanno dimostrato di avere una considerazione elementare, patetica e minima della coscienza collettiva di questo Paese, ritenendo vincente il loro progetto inciucista per il il quale l’unico obiettivo è delegittimare il concorrente politico e, laddove egli emerga comunque, creare una corazzata Potëmkin purchessia che, come è noto, risulta essere una cagata pazzesca.

La “moderazione” non paga, nemmeno a destra

Addirittura, Zingaretti e Di Maio non hanno ritenuto opportuno presentare un programma condiviso partendo da valori condivisi, facendo emergere nettamente la loro unica volontà di cannoneggiare il sentimento maggioritario presente che conduce le coscienze a destra, non a sinistra, non da Grillo e né tantomeno al centro degli accordi furbi nati durante tresche notturne. Un dato rilevante emerge su tutti, ed è il cambio di passo nella coalizione vincente per cui i partiti di destra che si definiscono sovranisti hanno ottenuto assieme, ipotizzandoli da soli quindi senza Forza Italia, una maggioranza schiacciante. Emerge la voglia di nettezza e non di moderazione, falso mito oggi divulgato dalle sinistra politically correct per cui, ogni volta che si pensa di aprir bocca, si deve prima di tutto riflettere su chi potrebbe ritenersi offeso.

Hanno creato una miriade di minoranze artificiali per le quali spendono tempo, quattrini ed energie, elevandole a nuclei fondamentali per la sopravvivenza della nazione e centri d’interessi intoccabili, dimenticandosi però che la cellula più piccola di una nazione rimane l’individuo con le sue libertà, e che negargli la possibilità di esprimere la sua preferenza politica per un non meglio precisato interesse collettivo (evitare che Salvini governi, cit. Boschi) significa avviarsi verso il dispotismo. D’altronde, l’agibilità politica di un soggetto non la decide il Pd o il burocrate di Bruxelles che allenta le redini le rigore a seconda di chi occupa Palazzo Chigi, ma solo e soltanto il popolo sovrano. Sovranismo, oggi, significa anche rimarcare questo concetto che purtroppo risulta tutto tranne che scontato.

Dove sono ora gli incensatori di Conte?

Se non si fossero alleati prima al governo e poi in Umbria, Pd e Movimento 5 stelle avrebbe ottenuto ugualmente questo pessimo risultato? Probabilmente no, e questo dà la misura di quanto fossero lontani dalla realtà coloro che ritenevano la mossa di Salvini dell’8 agosto un errore che gli si sarebbe ritorto contro. Per non parlare di chi, subito dopo le dimissioni della Lega, ha elevato Giuseppe Conte a statista di razza capace di prendere le redini di una nuova coalizione di illuminati, e che oggi deve fare i conti con un uomo inconsapevole della figura del burattino cui è stato condannato. I commenti a caldo degli sconfitti danno la misura di come siano ancora lontani dalla presa di coscienza e conoscenza della realtà. Sono ringhi di rabbia contro chi, inspiegabilmente, continua a collezionare vittorie. Inspiegabilmente, perché continuano a ritenere indegno chiunque non si genufletta di fronte la loro supposta superiorità.

Lorenzo Zuppini

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2 comments

Sergio Pacillo 28 Ottobre 2019 - 12:58

Pure se li sparate, questi rideranno sempre.
Sanno di risorgere e come fare per stare al governo.
Per loro le elezioni sono un optional.

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Sergio Pacillo 29 Ottobre 2019 - 9:15

É solo una figura retorica, un’antitesi.

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