Roma, 17 gen – Ultimamente ha avuto molta eco la presa di posizione dell’Associazione Antigone, associazione che si occupa della tutela dei diritti dei carcerati, contro la spettacolarizzazione dell’arresto di Cesare Battisti. Questo ha fatto sì che buona parte di semi colti, intellettuali e giornalisti abbia potuto ricominciare con il vomitevole e sacrilego paragone tra Antigone e il loro eroe del giorno, in questo caso appunto Battisti. Senza entrare nel merito dell’arresto e del personaggio per cui ogni parola detta in più rispetto a quelle del direttore Adriano Scianca sarebbe nel migliore dei casi inutile e senza soprattutto mettersi a discutere su un ipotetico diritto di un’associazione a chiamarsi in un modo o nell’altro – è un giochino che lasciamo volentieri ad altri – è piuttosto il continuo e oramai scontato accostamento della protagonista della tragedia di Sofocle a ogni fatto di cronaca da parte di una certa pseudo intellighenzia che inizia ad essere per lo meno fastidioso.
Appena tre mesi fa il giornale online Articolo 21, la cui pietas antigoniana è stata ben mostrata nell’aberrante articolo contro Francesca Totolo pochi giorni fa, ci aveva ammorbato con un paragone tra Mimmo Lucano e appunto Antigone. Ma l’eroina figlia di Edipo è purtroppo spesso chiamata in causa come paragone, che si parli di immigrati o di diritti umani o di qualsivoglia battaglia progressista. Il motivo è molto semplice: per gli intellettuali cresciuti a citazioni da wikipedia e schemi mentali preconfezionati Antigone rappresenta la pietà umana contro la legge di stato. E quindi si adatta benissimo ad ogni battaglia in cui il senso di “umanità” e #restiamoumani cozza contro la legge. Il fatto è che fare di Antigone la paladina di una sensibilità umana contro una legge di stato che questa umanità vorrebbe negare vuol dire semplicemente buttare tutta la cultura greca e la cultura classica nel cesso. Questa lettura livello zero della tragedia sofoclea è prima di tutto imperniata su un laicismo che la cultura greca mai conobbe. Tanto per cominciare non esisteva un “senso di umanità” presso i greci. Loro avevano ben chiara la differenza tra loro e “i barbari” e ci tenevano particolarmente a rimarcare la differenza.
Anche il cosiddetto “cosmopolitismo” che si intravede a partire da alcuni filosofi di età ellenistica non voleva certo comprendere “il mondo” e “l’umanità” ma gli appartenenti allo stesso kosmos culturale. E non esisteva nessun senso di “pietà”: semmai esisteva la pietas con cui la si confonde spesso e che è un concetto ben diverso. In Grecia era detta eusebeia, ovvero un senso spirituale che spingeva ad adempire al proprio dovere verso gli Dei. Tanto che Enea è pius anche quando uccide Turno che implora mercé, proprio perché ucciderlo è un atto di giustizia verso chi ha versato e fatto versare sangue per tracotanza e oltraggio al volere divino. E la pietas di Enea è la stessa eusebeia di Antigone, poiché nel mondo greco non dare giusta sepoltura ai morti era un sacrilegio gravissimo e una severa mancanza nei riguardi del sacro e degli Dei, un sacrilegio che nessuna legge di nessuna polis poteva contemplare. È quindi Creonte, il re di Tebe, a venir meno a una Legge, a compiere un sacrilegio che causerà la catena di eventi tragici narrati da Sofocle, mentre è proprio Antigone a far rispettare una regola che ogni greco dovrebbe seguire per non attirare su di sé le ire divine. La visione laica della pietà contro la ragion di stato è quindi una forzatura grossolana e prosaica che ogni greco contemporaneo di Sofocle avrebbe rigettato: esiste il sacro e ogni legge così come ogni azione ad esso devono essere conformi.
Che a usare Antigone come araldo siano poi coloro che il sacro lo negano per loro stessa ammissione è già di per sé abbastanza fastidioso, così come è fastidioso legare la pietas alla difesa non tanto di uno che ha ucciso per motivi politici – almeno vi è una ideologia, uno scopo che si può ritenere nobile almeno da chi lo persegue – ma di chi in nome della “umanità” si è arricchito ed è accusato di truffa, falso, concorso in corruzione, abuso d’ufficio e malversazione, reati non certo legati a una nobile causa. A renderlo quasi ridicolo è il fatto che le stesse persone che usano Antigone come “umanità contro la ragion di stato” siano gli stessi che quando fa loro comodo si trasformano nei paladini della legalità, del rispetto della legge a tutti i costi, anche in situazioni che avrebbero fatto rabbrividire Creonte.
Ma a rendere veramente vomitevole il loro chiamare in causa un’eroina morta per dare una giusta sepoltura è vedere proprio l’atteggiamento di queste persone verso i morti. Fa ribrezzo che a parlare di Antigone siano coloro che sbattono in prima pagina il muro grondante sangue di Acca Larenzia dopo che i loro padri spirituali hanno fatto di tutto per nascondere i nomi di chi quel sangue lo ha causato. Fa ribrezzo che a parlare di Antigone siano coloro che hanno creato una rete per proteggere chi ha dato fuoco a un ragazzo e a un bambino perché “figli di fascisti” e che poi hanno brindato alla loro liberazione. Fa ribrezzo che a parlare di Antigone siano i figli politici di chi ha accolto con l’applauso la notizia della morte di un ragazzo assalito in un vigliacco agguato notturno. Fa ribrezzo che a parlare di Antigone siano coloro che ogni anno vogliono negare le celebrazioni per il ricordo di chi è morto “dalla parte sbagliata”, proprio come Polinice, e che ogni anno chiedono l’arresto di chi osa trasgredire. Fa ribrezzo che si parli di Antigone mentre corone di fiori vengono rimosse dalle tombe e dai monumenti da sindaci o addirittura vengono bruciate da miserabili pezzenti che sempre di quel mondo fanno parte. Fa ribrezzo che a parlare di Antigone siano quelli che hanno assaltato un feretro a un funerale per trafugare un corpo in modo che non possa avere un luogo di sepoltura. Fa ribrezzo che a parlare di Antigone sia chi ancora mette foto di Piazzale Loreto.
Lasciate stare Antigone, dunque. Quel mondo di sacralità, di valori eroici, di epos, di tragedia e di sangue non è adatto a chi segue la massima “beato quel popolo che non ha bisogno di eroi”. Quel mondo di altezze olimpiche e abissi inferi non è adatto a chi propugna l’egualitarismo e un mondo orizzontale. Senso del sacro, slancio eroico, volontà di potenza, quel folle insistere a combattere contro il fatalismo, d’altra parte, sono tutti elementi che voi odiate e per cui ci odiate. Che poi, diciamocelo, sono gli stessi elementi per cui, proprio per il fatto che voi odiate e che a voi mancano, noi vi disprezziamo.
Carlomanno Adinolfi