Roma, 3 mag – Alla vigilia del 163° anniversario della nascita dell’Esercito italiano il generale di Corpo d’Armata e soprattutto capo di Stato maggiore dell’Esercito Carmine Masiello fa il punto della situazione e parla delle sfide future che aspettano l’Italia.
L’intervista del capo di Stato maggiore Carmine Masiello
“L’Esercito deve essere rivisto sotto diversi profili. Sono cambiati gli scenari, le minacce e, quindi, le esigenze, anche degli altri Paesi Nato. Vanno rivisti soprattutto i principali sistemi d’arma, potenziati gli strumenti, adeguate le strutture e le procedure d’impiego. Bisogna sbrigarsi, perché non sappiamo cosa accadrà”. Suonano come un allarme le parole del generale Masiello al Corriere della sera. Le tensioni che attraversano gli scenari internazionali stanno mettendo in mostra le debolezze degli Stati europei e dell’Italia, rendendo evidente la necessità di essere nella storia – anche militarmente – senza cullarsi in sogni di smobilitazione o di tranquillità. Un concetto che Masiello esplicita così: “Mentre politica e diplomazia fanno il loro lavoro, noi dobbiamo impegnarci a farci trovare pronti, sperando di non dover mai entrare in azione: l’Italia deve diventare una nazione con una capacità di deterrenza reale e credibile”.
Ci ritroviamo in un modo mutato non solo perché la guerra è tornata ad affacciarsi sull’orizzonte degli eventi, ma è la guerra stessa ad essere cambiata. Così il conflitto in Ucraina “ha cambiato i paradigmi sul campo: siamo tornati al confronto fra unità meccanizzate e corazzate, all’uso delle artiglierie, carri armati, macchine specializzate per la mobilità e contro-mobilità. Perfino alle trincee. Per noi europei, che veniamo da anni di missioni di pace, è stato dirompente”. Come a dire che è tornata la guerra vera, quella tra eserciti simmetrici e regolari. Non solo, “A ciò si uniscono l’uso massiccio di droni e l’importanza dei nuovi domini, della guerra cibernetica, della disinformazione per orientare le opinioni pubbliche e il morale dei combattenti. Scambiare informazioni con l’Intelligence è fondamentale, bisogna attrezzarsi per i grandi cambiamenti nel modo di combattere”.
Gli scenari futuri
Diventa allora fondamentale lo sviluppo tecnologico, con l’Esercito che sembra però essere rimasto indietro: “Per troppo tempo l’Esercito non è stato considerato una forza armata tecnologica. Bisogna invece stare al passo con i mezzi a disposizione di eventuali avversari. Va recuperato anche un gap con le ‘sorelle’, la Marina e l’Aeronautica. E occorre accorciare i tempi di individuazione delle tecnologie necessarie, sburocratizzare le procedure di acquisizione, aderire alla velocità del mondo che evolve”. Tutto questo in un’ottica non solo nazionale: “L’auspicio è quello di avere presto una vera Difesa europea”. Masiello passa poi a descrivere le direttrici di questo ammodernamento: “Fra le tecnologie più urgenti da acquisire rientrano sicuramente quelle incentrate sull’integrazione delle capacità collegate al dominio cibernetico e alla gestione dello spettro elettromagnetico, in modo da consentire alle nostre unità di essere protette dalla minaccia proveniente dalla terza dimensione, con droni e munizioni ‘intelligenti’: un ombrello di protezione, che noi chiamiamo ‘bolla tattica’. Ma penso anche alla difesa aerea del territorio nazionale, che abbiamo visto messa in pratica di recente da Israele”.
A preoccupare Masiello non c’è solo l’aspetto tecnologico, ma anche quello numerico: “L’organico non è sufficiente, i due scenari di guerra – Ucraina e Striscia di Gaza – ci insegnano che serve la massa, perché le forze si logorano e vanno rigenerate: un problema che si affronta con un incremento anche modesto delle consistenze delle singole forze armate – servono almeno 10mila soldati in più, come affermato dall’ammiraglio Cavo Dragone, Capo di Stato Maggiore della Difesa -, a cui bisogna inevitabilmente affiancare riserve, per aumentare gli organici all’esigenza”.
Michele Iozzino