Roma, 14 nov – “Date le circostanze, assumo che non voglia procedere”, come a dire “ormai è troppo tardi. È questo il succo del messaggio che il giudice inglese Robert Peel ha inviato al console italiano a Manchester Matteo Corradini. Una risposta che dietro il suo stile asettico e burocratico suona come una beffa, se non come un vero e proprio insulto. Le “circostanze” di cui parla Peel sono infatti la morte nella notte tra domenica e lunedì della piccola Indi Gregory, a cui le autorità britanniche hanno staccato i supporti vitali nonostante i tentativi della famiglia di trasferirla in Italia dove avrebbe potuto continuare le cure.
La lettera del giudice Peel all’ambasciatore italiano
Quello che è certo nel caso Indi Gregory è che non ci sono vincitori. Quello che rimane è il dolore per la scomparsa di una bambina di appena otto mesi e il senso di impotenza di fronte a uno Stato divenuto quel mostro “più freddo di tutti i mostri freddi” di cui scriveva Nietzsche. Lo stile della missiva di Peel sembra uscire fuori direttamente da un film come Brazil, dove la meschinità e l’autoreferenzialità della burocrazia producono esiti surreali e apertamente inquietanti. Questo il testo della lettera: “Caro signor Corradini, grazie della sua lettera del 9 novembre 2023 che richiedeva, in base all’articolo 9 della Convenzione dell’Aia del 1996, l’autorizzazione a esercitare la giurisdizione allo scopo di intervenire per trasferire Indi Gregory in Italia. Come forse ha saputo, molto tristemente, Indi Gregory è morta domenica/lunedì all’alba. La sua famiglia è nei miei pensieri. Date le circostanze, assumo che non voglia procedere con la richiesta in base all’articolo 9. Attendo sue. Cordiali saluti”.
Un’ultima beffa
Per quanto può sembrare un’ironia crudele che il giudice che ha deciso per la morte di Indi Gregory si dica vicino alla famiglia o rattristato per la sua dipartita, a peggiorare davvero le cose è la tempistica della risposta. Infatti, il giudice Peel per non ottemperare alla richiesta di Corradini – nel doppio ruolo di ambasciatore e di tutore italiano della bambina, dopo che quest’ultima aveva ricevuto la cittadinanza del nostro Paese – ha risposto tardivamente, quando ormai non c’era più nulla da fare, in modo da lavarsene le mani. Insomma, un grave atto di irresponsabilità che rende ancora più brutale e insensata la sua decisione sulla fine di Indi Gregory, come a voler fare da scaricabarile dopo aver condannato a morire una vita umana.
Michele Iozzino