Roma, 2 gen – L‘Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha annunciato di voler sviluppare delle linee guida per la salute delle persone trans, ma è la solita ideologia arcobaleno spacciata per scienza,
Le nuove linee guida dell’Oms
Stando al comunicato dell’Oms, le nuove linee guide si concentreranno principalmente su cinque aree: “Fornitura di cure di affermazione di genere, compresi gli ormoni; istruzione e formazione degli operatori sanitari per la fornitura di cure inclusive di genere; fornitura di assistenza sanitaria per persone trans e di genere diverso che hanno subito violenza interpersonale in base ai loro bisogni; politiche sanitarie che supportino un’assistenza inclusiva di genere e il riconoscimento legale dell’identità di genere autodeterminata”. Nonostante il linguaggio un po’ astratto e burocratico, già così si capisce quanto l’indirizzo di fondo dell’Oms sia sbilanciato. Per “cure di affermazione di genere” si intendono gli interventi di transizione di genere, con la citazione degli ormoni – come i bloccanti della pubertà – che lascia presagire come il percorso per cambiare sesso possa cominciare sempre più in tenere età. Anche il rimando apparentemente non problematico alla “violenza interpersonale” può nascondere delle insidie, se pensiamo che il cosiddetto misgendering, ovvero il riferirsi a una persona con un genere differente rispetto a quello con cui si identifica, sia spesso accostato ai discorsi d’odio e quindi a forme di violenza. Preoccupante anche il riferimento al “riconoscimento legale dell’identità di genere autodeterminata”, in altre parole al self id, quindi al riconoscimento giuridico del proprio genere semplicemente tramite autoidentificazione, senza cioè il bisogno di ricorrere a interventi chirurgici.
Una deriva arcobaleno
A gettare una luce sinistra sulle nuove linee guida dell’Oms non sono solo i contenuti fin qui proposti, ma anche da chi verrà composta la commissione che si occuperà della stesure delle linee guida. Su ventuno membri più di tre quarti sono attivisti per i diritti trans. Come spiega Marina Terragni in un suo articolo, “Di questo gruppo di esperti fanno parte molti apparatchik della World Professional Association of Transgender Health (Wpath), tra cui due ex presidenti; attivisti trans impiegati dalla rete Global Action for Trans Equality, o Gate; il genitore di un bambino che si identifica come trans; e almeno un membro con forti legami con l’industria farmaceutica”. Tra i partecipanti figurano anche personaggi come Florence Ashley, attivista secondo cui “i bloccanti della pubertà dovrebbero essere trattati come l’opzione predefinita” per tutti i giovani. Lasciare che l’adolescenza possa fare naturalmente il suo corso sarebbe in qualche modo discriminatorio, poiché questa “favorisce fortemente l’incarnazione cis, aumentando il costo psicologico e medico della transizione”. Insomma, come nota giustamente Francesco Borgonovo su La Verità, “Il pericolo concreto è che a formulare le linee guida che forniranno al mondo il modello da seguire per i trattamenti di giovani con problemi riguardanti il genere siano attivisti e fanatici spacciati per esperti sopra le parti”.
Michele Iozzino