Roma, 2 gen – Sul Corriere della Sera Mario Monti scrive di John Maynard Keynes, anticipando un estratto della sua prefazione ad una nuova raccolta di scritti dell’economista inglese, datati tra il 1920 e il 1925.
L’articolo di Monti su Keynes
Potrebbe già suonare come una sorta di barzelletta che a parlare di Keynes sia un imbolsito campione dell’austerità europea e delle sue perversioni burocratiche come Mario Monti. Ma dalla commedia si passa alla tragedia quando dalle frasi di circostanza si va ai contenuti veri e propri. Gli scritti presenti nella raccolta sono gli articoli di Keynes in merito alla Conferenza di Genova, pubblicati su diversi giornali europei, tra cui proprio il Corriere della Sera. Il tema è l’assetto economico e politico dell’Europa uscita dalla Prima guerra mondiale. Com’è noto, Keynes, che al tema dedicò anche il saggio del 1919 Le conseguenze economiche della pace e quello del 1922 Per una revisione del Trattato, era contrario ad un atteggiamento troppo punitivo nei confronti della Germania. Ma per Monti tutto questo diventa solamente l’occasione per fare una sparata contro quegli malaugurati Stati che pretendono di essere ancora nazioni e che non vogliono sottostare ai dettami dell’Unione Europeo o della globalizzazione, che per Monti sono lo stesso: “Perfino l’Unione Europea, a oggi la realizzazione più avanzata di integrazione regionale o, se vogliamo, di «globalizzazione» su scala continentale con una governance per certi aspetti unitaria, che senza sosta è andata estendendosi e dotandosi di maggiori poteri, incontra ora qua e là lo zoccolo duro di aspetti delle sovranità nazionali ai quali gli Stati membri non sono disposti a rinunciare.”
Tra contraddizioni e travisamenti ideologici
Secondo Monti la sovranità sarebbe appunto il riemergere dei nazionalismi e dei fascismi di allora: “È proprio questo concetto, che porta in sé l’ambiguità dei sogni e la realtà sovente brutale, il filo conduttore che corre tra gli anni Venti del Novecento e i nostri anni Venti”. E prosegue: “In questi ultimi anni, l’attaccamento al la sovranità si è diffuso ampiamente, di venendo «sovranismo», quasi a fare da contrafforte al pensiero e alle azioni diretti ad una maggiore integrazione o condivisione di aspetti della sovranità. E i Paesi, quasi ad intensificarne i caratteri identitari e reciprocamente distintivi, vengono più spesso chiamati puntigliosamente «Nazioni»”. Proprio gli scritti di Keynes sarebbero un antidoto a questa deriva di popoli che vogliono mantenere le proprie identità, in quanto l’attenzione economica dell’inglese sarebbe un preludio del Mercato Unico, cioè “il pilastro forse più importante del l’odierna Unione Europea”. A parte l’ovvia contraddizione tra le idee di Keynes in fatto di spesa pubblica e l’austerità europea, l’interpretazione di Monti fa acqua da tutte le parti. Anzi, seguendo le critiche di Keynes alla colpevolizzazione della Germania e al ruolo di una entità sovranazionale come la Società delle Nazioni, potremmo immaginarci proprio Monti come uno di quei grigi burocrati di inizio Novecento che tuonava sulla necessità delle riparazioni e che l’economista inglese bacchettava.
Michele Iozzino