Roma, 9 gen – La preoccupazione che i barconi – oltre a trasportare migranti economici e un esiguo numero di rifugiati – potessero essere i cavalli di Troia per l’ingresso di terroristi jihadisti in Italia, era fondata e da oggi nessuno lo puรฒ piรน negare, nemmeno la sinistra. Istigazione al terrorismo, contrabbando e associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina:ย ecco di cosa sono ritenuti responsabili i 15 indagati su cui รจ stato eseguito il fermo dai carabinieri del Ros di Palermo, Trapani, Caltanissetta e Brescia. Con lโaiuto esterno di un gruppo criminale internazionale gli indagati avrebbero favorito operazioni di โingresso illegale di immigrati clandestini e attivitร abusiva di intermediazione finanziaria finalizzata ad attivitร sovversiveโ.
L’organizzazione contrabbandava anche tabacchi grazie allโintermediazione di complici italiani. I guadagni venivano riutilizzati per il finanziamento delle attivitร criminali come l’acquisito di imbarcazioni veloci e l’aiuto economico dei componenti dell’associazione finiti in prigione. Per i pm di Palermo lโorganizzazione rappresenta โuna minaccia alla sicurezza nazionale perchรฉ in grado di fornire un passaggio marittimo sicuro e celere particolarmente appetibile per persone ricercate dalle forze di sicurezza tunisine o sospettate di connessioni con formazioni terroristicheโ.
Tutto parte dalle rivelazioni di un pentito jihadistaย che avrebbe svelato agli investigatori lโesistenza della presunta rete terrorista che gestiva lโingresso di clandestini provenienti dalla Tunisia. Il blitz, denominato โOperazione Abiadโ รจ partito immediatamente. “Vi sto raccontando quello che so perchรฉ voglio evitare che vi troviate un esercito di kamikaze in Italia“, ha rivelato il pentito. Sempre secondo le sue dichiarazioni ai pm, per arrivare in Italia i migranti pagavano fino a 5000 dinari tunisini (poco meno di 1500 euro) se erano clandestini incensurati, il doppio se si trattava di ricercati, โanche per terrorismoโ.
In particolare uno degli arrestati sarebbe colpevole di avere istigato al terrorismo sui social, inneggiando allโIsis e invitando tutti i suoi followers a compiere stragi in nome di Allah. “Il martirio e la jihad la sola via per aspirare al paradiso”, scriveva l’indagato. Non mancavano video di decapitazioni, foto di propaganda jihadista e lโiscrizione al gruppo โQuelli al quale manca il paradisoโ. L’uomo risulterebbe connesso, secondo i pm, “ad ambienti terroristici a sfondo jihadista pro Isis in favore di cui, attraverso la sua pagina Facebook, ha posto in essere una significativa azione di propaganda jihadista con incitamento alla violenza ed all’odio razziale”.
“Sussistono significativi ed univoci elementi – dicono i pm – per ritenere che l’organizzazione in esame costituisca un’attuale e concreta minaccia alla sicurezza nazionale poichรฉ in grado di fornire a diversi clandestini un passaggio marittimo occulto, sicuro e celere che, proprio per queste caratteristiche, risulta particolarmente appetibile anche per quei soggetti ricercati dalle forze di sicurezza tunisine, in quanto gravati da precedenti penali o di polizia ovvero sospettati di connessioni con formazioni terroristiche di matrice confessionale”. Concludono sostenendo che si tratta di una “attuale e concreta minaccia alla sicurezza nazionale” con il rischio di “terrorismo di matrice jihadista”.
Cristina Gauri
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