Certo, se fra la stampa accreditata ci fosse stato qualche giornalista meno pavido o, magari, più informato, sarebbe potuta venir fuori una domanda tale da spegnere il sorriso al capo dello Stato e fargli rimpiangere l’ardito ricordo dei felici tempi andati. Perché è vero che Napolitano ha sempre nutrito una passione per il teatro e la recitazione ma, questo amore represso nel tempo per far spazio alla carriera politica e istituzionale, è nato con indosso la camicia nera, quando l’attuale Presidente frequentava la facoltà di Giurisprudenza alla Federico II di Napoli ed era iscritto ai Guf, i Gruppi universitari fascisti. Una militanza giustificata, negli anni, come una forma di costrizione dettata dalle circostanze ma, a ben vedere, tanto male non doveva trovarsi il giovane Napolitano all’interno dell’istituzione universitaria fascista, considerato che non era un semplice iscritto ma gestiva la rubrica di critica teatrale del settimanale IX Maggio e recitò nella compagnia del Teatroguf, chiamata Teatro degli Illusi, sia come spalla sia come protagonista nel Viaggio a Cardiff di William Butler Yeats.
La fine della guerra sancì, ovviamente, la presa di distanza dal passato politico e portò l’attuale prima carica dello Stato ad abbracciare la causa comunista, a sua volta abbandonata per un marcato atlantismo. Un valzer di mosse sullo scacchiere politico nazionale ed estero che gli ha garantito sempre un posto in prima fila, e loggioni, palchi presidenziali e prime alla Scala; per apprezzare e coltivare la sua antica passione per la recitazione, nata, che piaccia o meno, non tra i partigiani di un esordiente Lizzani ma tra le fila degli innovativi e sperimentali corsi del Teatroguf di Napoli.
Francesco Pezzuto