Roma, 28 ott – Dalla nostra terra emergono costantemente tesori risalenti al nostro antico passato. Spesso, purtroppo, tenuto nell’ombra, anche il patrimonio archeologico veneto non ha nulla da invidiare ad altre regioni… Anzi! Dagli scavi archeologici alle rovine romane della cosiddetta “villa marittima” di Lio Piccolo, sono emerse monumentali strutture in legno. I reperti, di epoca romana, appartengono a un edificio collegato a una filiera produttiva, probabilmente un antico magazzino per il sale. La sensazionale scoperta è avvenuta nella Laguna Nord di Venezia, nel Comune di Cavallino Treporti, nell’ambito del Progetto “Vivere d’Acqua” dell’Università di Ca’ Foscari. Le nuove rovine del sito archeologico veneto, mostrano una fossa di fondazione larga 1,5 metri e profonda altrettanto. Molti secoli orsono, qui gli antichi romani hanno costruito con possenti travi di legno, spesse 25/30 centimetri. Sopra di esse erano appoggiati numerosi tronchi di quercia con un diametro di 60/70 centimetri. Per garantire solidità alla struttura, i nostri antenati impiegarono l’argilla lagunare. Questa veniva usata a riempimento della fossa, per sostenere al meglio l’edificio in legno sovrastante. Circondata dalle acque, la struttura doveva svilupparsi in elevato e poteva sopportare un carico di pesi notevolissimo.
Nuove rovine romane all’isola delle saline
I direttori del progetto: Diego Calaon e Daniela Cottica, ipotizzano che l’edificio possa appartenere al complesso di strutture delle antiche saline romane lungo la costa. Qui i Romani conservavano il sale appena prodotto in quella che oggi è la vicina isola delle “Saline”. L’edificio rilevato dalle analisi stratigrafiche, probabilmente era a forma di “C” e si sviluppava intorno ad un cortile interno. Nel cortile aveva sede una vasca per il filtraggio delle acque, una sorta di antico pozzo “alla veneziana”. Era un’ampia vasca foderata in argilla, riempita con sabbia pulitissima. La sabbia serviva a filtrare l’acqua piovana dei tetti dell’edificio per renderla potabile. L’ennesima scoperta, questa dei ricercatori dell’Università Ca’ Foscari, che conferma ancora una volta il grande patrimonio storico-culturale di cui gode il nostro territorio. Speriamo che ne venga valorizzata la scoperta e che, soprattutto, le future generazioni dimostrino interesse per le rovine dei nostri antenati.
Andrea Bonazza