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Riace, Mimmo Lucano resta in “esilio”: no alla revoca del divieto di dimora

by Davide Di Stefano
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Reggio Calabria, 11 giu – Mimmo Lucano non tornerà a Riace. Né da consigliere, né da semplice cittadino. La prima decisione l’hanno presa gli elettori alle urne, non eleggendolo nemmeno in Consiglio comunale, la seconda è stata comunicata oggi dal Tribunale della libertà di Reggio Calabria, che ha rigettato la nuova istanza presentata dai difensori dell’ex sindaco di Riace. Il divieto di dimora, misura alternativa all’arresto, viene confermato. I giudici non hanno ritenuto valide le motivazioni presentate dagli avvocati di Lucano, che puntavano sul fatto che essendo ormai escluso anche dal consiglio comunale, l’ex sindaco non avrebbe in alcun modo potuto reiterare i reati che gli vengono contestati.

Oggi a Locri inizia il processo

La notizia è arrivata questa mattina, proprio mentre al Tribunale di Locri si stava per celebrare la prima udienza del processo che vede imputato Mimmo Lucano insieme ad altre 26 persone, per diversi reati tra cui spicca il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Nel 2018 in seguito all’apertura dell’inchiesta scattarono gli arresti domiciliari per Mimmo Lucano, ridotti poi nel divieto di dimora che da otto mesi impedisce a Lucano di recarsi a Riace. E’ probabile che adesso l’eroe della sinistra, il creatore del “modello Riace”, dovrà attendere il pronunciamento della Cassazione prima di poter tornare nel piccolo borgo calabrese.

Una doccia fredda per i legali di Lucano

La decisione del Tribunale del riesame è stata una doccia fredda per i legali di Lucano, che davano per scontata la revoca della misura in quanto connessa al pericolo di reiterazione dovuto al ruolo istituzionale svolto da Lucano. “Un sindaco che abusa costantemente del suo ruolo e della sua funzione”, aveva sentenziato il tribunale del riesame un anno fa quando vennero confermati i domiciliari per l’ex primo cittadino di Riace. Una volta decaduta la carica di sindaco e quella di consigliere, il pericolo di reiterazione, secondo i suoi avvocati, sarebbe dovuto venire meno.

Davide Di Stefano

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