Roma, 3 mag – Le dichiarazioni sulla guerra in Ucraina di Emmanuel Macron fanno venire i brividi ai polsi. Il fatto che vengano pronunciate a praticamente un mese dalle prossime elezioni europee suscita sentimenti contrastanti, da un lato volti a enfatizzarne la pericolosità (perché esprimere dichiarazioni tanto forti alla vigilia del voto?) dall’altro a “sperare” nella solita “truffa della grandeur”: che però in questo caso c’entra fino a un certo punto…
Ucraina, le parole di Macron e le possibilità di “terza guerra mondiale”
Le virgolette attorno all’espressione “terza guerra mondiale” sono del tutto ipotetiche, per così dire. Esistono solo per rimarcare quanto non siamo minimamente abituati all’idea della lotta, come società e come comunità, figuriamoci a quella di uno scontro globale dagli esiti scontatamente catastrofici. Sull’Ucraina il presidente francese Macron dimostra due cose: anzitutto, la palese miopia occidentale sul “nodo russo”, e sulla necessità di darlo per finito quando la questione era – com è – invero molto più complicata. Se Macron la spara così alta, è evidentemente perché la guerra contro Mosca non può vincerla Kiev, anche con l’aiuto “ossessionato” degli americani e peggio ancora degli europei ad essi asserviti. Un dato evidente già dalle cronache di guerra degli ultimi mesi, con la “controffensiva di Kiev” di fatto mai realizzatasi. Il vero delle versioni occidentali sul conflitto sta nel fatto che il Cremlino abbia indubbiamente avuto ben più di un problema nella gestione del conflitto, soprattutto a causa dei rifornimenti bellici statunitensi a Volodymyr Zelensky e compagni. Ma addirittura ricavarne una debolezza russa dal punto di vista militare, diciamolo, è andato ben oltre il bluff mediatico. Certo sulla questione c’è poco da discutere: con le truppe di terra inviate in soccorso agli ucraini non si può parlare di altro, di quella espressione che quasi facciamo fatica a pronunciare…
La grandeur c’entra fino a un certo punto
La truffa della grandeur (perché questo è la grandeur, alla fine dei conti: l’illusione di potersi percepire molto più di ciò che si è, un approccio che Parigi ha seguito in innumerevoli occasioni, specialmente nel tragicomico secolo scorso), non è centrale in questa sede. Non nascondiamoci, il rischio c’è. Ed è concreto. A renderlo plausibile, la difficoltà di immaginare un Occidente che accetti la sconfitta di Kiev. Ad allontanarlo, un dubbio abbastanza forte in verità: ma uno scontro di quelle proporzioni, Francia a parte, c’è qualcun altro in Europa che potrebbe sostenerlo?
Alberto Celletti