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Calciomercato europeo: tutti i numeri dell’ultimo decennio

by Marco Battistini
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Roma, 18 set – “Pagare moneta, vedere cammello, dicono in Africa” è l’originale uscita con la quale Claudio Lotito, nell’ormai lontano 2007, si appresta a rispondere all’ennesima domanda sulla possibile cessione di capitan Oddo. L’improbabile citazione – sembra che negli anni ‘30, durante le riprese di documentari sulla Tunisia, le truppe cinematografiche avessero l’abitudine di “prendere in prestito” questo simpatico animale da trasporto senza poi pagarne il compenso promesso – viene ripetuta dal patron della Lazio in altre due occasioni. Nel 2018 per Milinkovic-Savic e sul recente passaggio di Correa all’Inter “anche perché a noi non ce li regalano i giocatori”.

Juve, Inter e Roma non hanno badato a spese

Che i giocatori non venissero regalati è quello che devono aver pensato i ragionieri del Manchester City quando si sono accorti che nel periodo 2012-2021 dal portafoglio del presidente Khaldoon al-Mubarak sono usciti qualcosa come 1 miliardo e 680 milioni di euro per assicurarsi le prestazioni di Fernandinho e soci. Ma i citizens sono in buona compagnia. Secondo l’ultimo rapporto mensile del Cies infatti una dozzina di società nell’ultimo decennio hanno sforato i nove zeri per acquistare calciatori.

A farla da padrone, manco a dirlo, l’Inghilterra con altre quattro squadre (Chelsea, Manchester United, Liverpool, Arsenal). Seguono Spagna – Real, Atletico, Barça – e Italia, con Juve (1,45), Inter e Roma. Nerazzurri e giallorossi sono più staccati rispetto alla Vecchia Signora, che occupa il sesto gradino delle “spendaccione”. Per la Francia – ovviamente – c’è il Psg. Nello stesso lasso di tempo un’altra transalpina, il Monaco, al contrario ha ricevuto dalle cessioni poco più di un miliardo.

Le spagnole risparmiano, gli inglesi spendono

Lo studio rivela poi che nei 5 campionati presi in considerazione (Serie A, Ligue 1, Liga, Bundesliga e Premier) il denaro circolante per le compravendite rimane all’interno di tale cerchia in una misura pari al 65%. Sempre in questi termini il volume del calciomercato tra il 2012 e il 2019 è più che triplicato (da 1.956 a 6.650 milioni di Euro) per poi dimezzarsi nell’ultimo biennio (nel 2021 si abbassa a 3.822). Clamoroso – e qui pesano i bilanci di blancos e blaugrana – il calo della Spagna: dal 2019 al 2021 si registra una diminuzione del 77%.

L’arrivo del Covid-19 – o meglio, di tutto ciò che ha comportato per le casse dei club – consolida infatti lo strapotere finanziario della perfida Albione: la Premier League occupa 7 delle prime 8 posizioni di chi, tra l’estate 2020 e quella appena passata, ha investito in misura maggiore sui trasferimenti degli atleti. Davanti a tutti i blues – più di un quarto però per il solo Lukaku – e unici imbucati alla festa inglese, in quinta posizione, i bianconeri di Torino.

Calciomercato: il focus sull’Italia

Tra le venti europee che nel decennio hanno spesso e volentieri “pagato moneta” ci sono anche Milan e Napoli. Nelle ultime tre sessioni di mercato invece oltre la già citata Juve troviamo tra l’undicesima e la diciannovesima piazza rispettivamente Roma, Atalanta e Inter. Interessante poi il quadro decennale che prende in considerazione la differenza tra cessioni e acquisti. Se le più virtuose in assoluto sono Lilla (+342 milioni) e Lione (+225) subito sotto abbiamo Genoa (+210), Udinese (+167) e Atalanta (+164). In questa particolare classifica l’Empoli è decimo, la Samp quindicesima e l’Hellas due gradini sotto.

Leggi anche: Un calciomercato in versione ridotta per una Serie A tecnicamente impoverita

Anche i freddi dati “economici” quindi premiano il lavoro di tante piccole e medie società nostrane, abili a valorizzare in sede di calciomercato i propri giocatori, spesso cresciuti nel settore giovanile oppure presi – da semisconosciuti – a prezzi bassi e rivenduti a peso d’oro.

Oltre ad avere ancora un discreto potere di spesa le maggiori squadre italiane – nonostante un anno e mezzo di stadi chiusi e diminuzione dei ricavi da sponsor – sono riuscite, Inter esclusa, a spendere più di quanto incassato con le cessioni. Certo, gli effetti della pandemia hanno rallentato questo andamento ma la (per ora) parziale riapertura degli impianti è sicuramente una buona notizia in merito. Come poi nel corso degli anni siano stati spesi questi soldi… è un altro discorso.

Marco Battistini

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