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“Ti amerei anche se vincessi”: la maledizione della Scozia

by Roberto Johnny Bresso
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maledizione scozia, striscione

Milano, 20 mag – “Non mi sentivo così da quando Archie Gemmill ha segnato con l’Olanda nel ’78”, dice Mark Renton in Trainspotting nel momento dell’orgasmo con Diane. Ora chiunque assocerebbe una frase del genere a uno dei più alti momenti della propria nazionale di calcio: noi italiani, per esempio, potremmo fare riferimento all’urlo di Marco Tardelli contro la Germania Ovest nel 1982, oppure al rigore di Fabio Grosso contro la Francia nel 2006. Invece Renton ricorda un goal assolutamente inutile, buono per battere sì l’Olanda, ma non per evitare l’ennesima eliminazione al primo turno da un Mondiale. Oggi infatti ci occuperemo della maledizione della Scozia, totalmente incapace nella sua lunga storia di superare un turno né al Mondiale né all’Europeo.

La maledizione della Scozia: una Nazionale che non vince mai

La storia della Nazionale di calcio scozzese è praticamente lunga quasi quanto quella del gioco stesso, essendo, insieme all’Inghilterra, la compagine nazionale più antica al mondo. Disputò infatti la sua prima partita internazionale il 30 novembre 1872, pareggiando 0-0 contro i rivali inglesi all’Hamilton Crescent di Glasgow. Nei successivi quarant’anni giocò incontri esclusivamente contro le compagini dell’Home Nations, vale a dire Inghilterra, Galles e Irlanda, perdendo molto raramente e di fatto diventando la squadra più forte del mondo. Nel 1929 uscì per la prima volta dai confini della Isole Britanniche, per sconfiggere a Bergen la Norvegia 7-3. Non disputò però i Mondiali del 1930, 1934 e 1938, in quanto schierava giocatori dallo status di professionisti. E chissà, col senno di poi, cosa sarebbe potuto succedere in quelle edizioni per la Tartan Army.

Nel 1950 inizia la maledizione: la Fifa garantisce un posto al Mondiale alle prime due classificate del girone britannico, la Scozia arriva seconda ma la sua federazione non accetta l’invito in quanto delusa dalla sconfitta contro l’Inghilterra, nonostante le pressioni dei giocatori che vi volevano partecipare ad ogni costo prevale l’atteggiamento masochistico. Nel 1954 in Svizzera la prima qualificazione, ma, benché si potessero convocare 22 giocatori, la Scozia incredibilmente ne seleziona solo 13. E ovviamente dopo due sconfitte, tra cui quella umiliante per 7-0 contro l’Uruguay, arriva la prima di numerose eliminazioni. Nel 1958 in Svezia l’allenatore doveva essere Matt Busby, allora anche storico mister del Manchester United. Però qualche mese prima della competizione accadde il gravissimo incidente aereo di Monaco di Baviera, che vide perire molti giocatori del Man United e ridusse in fin di vita lo stesso Busby (ricevette persino due volte l’estrema unzione), che così dovette rinunciare all’incarico. Una squadra demoralizzata tornò subito a casa dopo un pareggio e due sconfitte. La Scozia entrò quindi in una crisi profonda di talenti che durò per tutti gli anni ’60, mancando la qualificazione nel 1962, nel 1966 e nel 1970.

Tra mito e leggenda

Nel 1974 finalmente il ritorno: in Germania Ovest la Scozia si presenta ben agguerrita, riuscendo a pareggiare con la Jugoslavia e persino con il Brasile, ma la vittoria con solo due reti di scarto con la Zaire la costringe a un altro ritorno a casa, questa volta solo per differenza reti. Nel 1978 si va in Argentina e il Commissario Tecnico Ally MacLeod si sbilancia dicendo che la Tartan Army sarebbe arrivata nelle prime tre posizioni. Enorme è l’entusiasmo popolare tanto che, nonostante la lunga trasferta, sono numerosi i tifosi che vanno ad assistere all’evento dal vivo, salvo vedersi subito sconfitti dal Perù per 3-1. La Scozia non riuscirà poi nemmeno a battere la cenerentola Iran, vedendosi così costretta a sconfiggere l’Olanda con tre reti di scarto.

E qui torniamo all’inizio del nostro articolo, a Mark Renton e all’inutile meraviglioso goal di Archie Gemill: vittoria per 3-2 e ancora a casa per differenza reti. Questa edizione però per gli scozzesi passerà anche alla storia per un evento tra mito e leggenda: svariati anni dopo la competizione una coppia di turisti statunitensi si ritrovò in uno sperduto villaggio della Patagonia e notò che insieme ai locali c’era uno strano personaggio dai tratti europei. Ebbene costui affermò di essere arrivato dalla Scozia per il Mondiale, di essersi perso, di avere trovato quel villaggio e quindi di essersi sistemato lì per sempre! Conoscendo gli scozzesi potrebbe persino corrispondere al vero. Nell’ennesimo tentativo disperato di interrompere la maledizione la nazionale viene quindi affidata a Jock Stein, vincitore della Coppa dei Campioni con il Celtic. La squadra è competitiva e nel 1982 si arriva in Spagna con grandi ambizioni: vittoria con la Nuova Zelanda e sconfitta con il solito Brasile e quindi tocca battere l’Unione Sovietica. Niente da fare, 2-2 e terza eliminazione consecutiva per differenza reti. La qualificazione per il Messico è veramente drammatica: Jock Stein muore infatti sul campo a causa di un attacco cardiaco poco dopo il decisivo pareggio contro il Galles. Il suo posto viene preso da un giovane Alex Ferguson, che riuscirà a portare a casa un solo punto. 

Si arriva così ad Italia ’90: oltre all’immancabile Brasile ci sono Costa Rica e Svezia. Davanti ad un disperato Rod Stewart arriva l’incredibile sconfitta contro i centroamericani, poi batte la Svezia e a questo punto basterebbe un punto con la già qualificata Seleçao. Come volete che sia finita? Sconfitta per 1-0 e di nuovo a casa, con i tifosi della Tartan Army delusi anche per il divieto di vendita degli alcolici durante i giorni delle partite. Nel 1992 riesce persino a qualificarsi per la prima volta agli Europei, ma torna subito in patria, mancando persino la qualificazione per il Mondiale del 1994. Tuttavia una nuova generazione di talenti stava crescendo e l’Europeo in Inghilterra nel 1996 sembra un’ottima occasione: nonostante la sconfitta contro gli odiati rivali padroni di casa sembra che questa volta possa arrivare il meritato premio, ma sarà ancora eliminazione per differenza reti. Nel 1998 al Mondiale di Francia il canto del cigno per oltre due decenni: ovviamente pesca ancora una volta il Brasile, ma basterebbe un pareggio con il Marocco per qualificarsi ed invece ecco un’imbarazzante sconfitta per 3-0. Della Scozia non sentiremo più parlare in un grande torneo fino al 2021, quando riuscirà a qualificarsi per l’Europeo, arrivando però ultima nel suo girone.

“Ti amerei anche se vincessi”

Ricordando tutta questa incredibile serie di disavventure non possiamo che provare naturale simpatia e tenerezza, tanto che uno dei motti più in voga della Tartan Army è Ti amerei anche se vincessi. Sempre visceralmente seguita, quasi in maniera fanatica, ha accumulato una serie di eventi sfortunati mischiati all’innato senso scozzese dalla rassegnazione alla sconfitta con compiaciuta malinconia, orgoglio e una punta di masochismo (oltre al fatto che riunire per un mese tanti scozzesi significa che spesso all’allenamento rigoroso preferiscano una sessione al bar). E se prima o poi dovesse passare un turno a questo punto ne saremmo quasi persino dispiaciuti. In fondo ci accontentiamo della loro ironia che li portò a innalzare contro l’Unione Sovietica, a Spagna ’82, questo striscione: Alcoholism versus Communism. Come possiamo non amarli?

Roberto Johnny Bresso

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1 commento

brutta ciao 20 Maggio 2023 - 6:00

Dunque e comunque, trattasi di questioni circolatorie.

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