Home » Stonehenge era un calendario solstiziale? Non per gli esperti italo-spagnoli

Stonehenge era un calendario solstiziale? Non per gli esperti italo-spagnoli

by Andrea Bonazza
0 commento

Roma, 24 mar – Da sempre i dolmen e i menhir di Stonehenge affascinano il mondo intero. A sud di Lodra, questo monumento antichissimo eretto dall’uomo continua a incuriosire appassionati e ricercatori per i suoi elementi, in gran parte ancora avvolti nel mistero. Il suo meraviglioso cerchio megalitico venne costruito intorno al 2600 a.C. e, nel corso degli anni, gli studiosi hanno avanzato diverse teorie sul suo significato e sulla funzione. C’è chi sostiene che l’antico sito abbia poteri magici e sia custode di energie ancestrali. Tralasciando gli aspetti esoterici, in molti si domandano come sia stato possibile, nell’antichità, trasportare per chilometri ed innalzare gli enormi monoliti che lo compongono. Oggi, tuttavia, molti archeologi sostengono di aver ormai svelato gran parte dei segreti racchiusi dalle grandi pietre di Stonehenge e del suo complesso paesaggio ricco di elementi antichi.

Il fascino archeoastronomico di Stonehenge

Tra i vari studi effettuati sul famoso sito inglese, però, vi sono ancora moltissimi interrogativi legati all’aspetto archeoastronomico che, a Stonehenge, ha sicuramente un ruolo chiave per interpretarne la funzione. L’antico complesso monumentale mostra infatti un allineamento astronomico legato al sole che, proprio grazie all’orizzonte pianeggiante di cui il sito gode, offre una perfetta vista sia all’alba del solstizio d’estate, sia al tramonto del solstizio d’inverno. Secondo gli studiosi questo spiegherebbe un interesse simbolico coltivato dagli antenati britannici per il ciclo solare, molto probabilmente legato alle connessioni tra l’aldilà e il solstizio d’inverno, come avvenne in gran parte delle società neolitiche indoeuropee.

Un antichissimo calendario monumentale

In una nuova teoria pubblicata da Archaeology Journal, il monumento di Stonehenge rappresenterebbe incredibilmente un gigantesco calendario; basato su un anno composto da 365 giorni, suddivisi in 12 mesi di 30 giorni, più cinque giorni epagomenali, con addirittura l’aggiunta di un anno bisestile ogni quattro. Tale calendario sarebbe dunque identico a quello alessandrino, introdotto più di due millenni dopo, alla fine del I secolo a.C. come combinazione del calendario giuliano e del calendario civile egizio. Per giustificare questo calendario di pietra, basterebbe moltiplicare per 12 i 30 architravi di pietra arenaria sarsen presenti nel progetto originario, sommando poi, a questi 360, il numero dei cinque triliti eretti a ferro di cavallo. L’aggiunta di un anno bisestile ogni quattro, invece, sarebbe legata al numero delle “pietre di stazione”, che è, appunto, quattro. Il complesso sistema di calcolo usato dagli avi dei Pitti sarebbe stato mantenuto in funzione utilizzando soprattutto l’allineamento dell’asse solstiziale. Si potrebbe ipotizzare che tale tecnica di calcolo sia stata importata in qualche misteriosa maniera dal Medio Oriente dove, il calendario egiziano, era già di 365 giorni. La correzione del calendario egizio, però, prima della correzione di Gaio Giulio Cesare in epoca romana, non calcolava l’anno bisestile.

La risposta italo-spagnola alla nuova teoria

L’affascinante teoria proposta da Archeology Journal, però, è passata subito sotto l’occhio critico di due tra i più grandi esperti in materis di Archeoastronomia. Juan Antonio Belmonte, affermato ricercatore spagnolo dell’Instituto de Astrofísica de Canarias e Universidad de La Laguna, e il suo collega archeoastronomico Giulio Magli del Politecnico di Milano, spiegano però alcune falle a proposito di quest’ultima ricerca. Secondo i due studiosi, infatti, la teoria si basa su una serie di forzate interpretazioni delle connessioni astronomiche di Stonehenge, oltre che su discutibili numerologie e analogie non supportate. Prima di tutto, sebbene l’allineamento al solstizio sia abbastanza preciso, Magli e Belmonte mostrano che il lento movimento del sole all’orizzonte nei giorni vicini ai solstizi rende impossibile controllare il corretto funzionamento del presunto calendario. Per la nuova teoria pubblicata su Archeology Journal, infatti, le enormi pietre dovrebbero essere in grado di distinguere posizioni con una precisione di pochi minuti d’arco, cioè meno di 1/10 di grado. Quindi, mentre l’esistenza dell’asse mostra interesse per il ciclo solare in senso lato, non fornisce alcuna prova per dedurre il numero di giorni dell’anno concepito dagli antichi costruttori.

Ipotesi azzardatamente forzate

In secondo luogo, poi, vi è l’importante fattore legato alla numerologia. Per gli studiosi italo-spagnoli, attribuire significati ai numeri in un monumento antico può essere sempre azzardato. In questo caso, un numero chiave del presunto calendario, il 12, non è riconoscibile da nessuna parte, così come nessun mezzo per tenere conto del giorno epagomenale aggiuntivo ogni quattro anni. Altri numeri sono stati invece semplicemente ignorati dalla nuova ricerca, come, ad esempio, il portale di Stonehenge, che era composto da due grosse pietre. La teoria soffrirebbe dunque del cosiddetto “effetto selezione”, nel quale solo gli elementi favorevoli a una interpretazione desiderata vengono estratti dai materiali a disposizione. Infine, la prima elaborazione di un calendario di 365 giorni più 1 è documentata in Egitto solo due millenni dopo la creazione del complesso megalitico di Stonehenge, entrando in uso secoli dopo. Pertanto, anche se i costruttori avessero preso il calendario dall’Egitto, lo hanno comunque perfezionato da soli.

Stonehenge rimane custode di antichi segreti

Se gli antichi inglesi avessero realmente inventato da soli anche un edificio per controllare il tempo, probabilmente sarebbero stati i primi; anche perchè nell’antico Egitto non è mai esistito nulla del genere. Probabilmente gli egiziani riflettevano la deriva dei loro 365 giorni attraverso le stagioni nella loro architettura, ma questo è molto diverso. Inoltre, un trasferimento ed elaborazione di nozioni con l’Egitto intorno al 2600 a.C. non ha nessuna base archeologica. Il presunto calendario neolitico di Stonehenge quindi, per quanto si presenti entusiasmante allo sguardo curioso degli appassionati, per i due critici si dimostra essere puramente un’invenzione moderna dalle basi archeoastronomiche e calendariali imperfette. Puntualmente Stonehenge si trova al centro di stravaganti teorie avanzate tanto dai suoi fans quanto dalla comunità scientifica, creando attorno a sè più confusione che altro. In passato c’era chi sosteneva fosse usata per predire le eclissi e altri per raccogliere in terra le potenti energie astrali sprigionate per volere divino. Comunque sia, i dolmen e menhir più famoso del mondo continuano a mantenere il proprio ruolo di silenzioso testimone a guardia del paesaggio sacro che li circonda.

Andrea Bonazza

You may also like

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati