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L’Isis gioca a “Call of Duty” e uccide davvero

by Melania Fiori
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Call-of-Duty-Wallpaper-Desktop_7Roma, 15 nov. – A neppure un anno dall’attentato di Parigi al Charlie Hebdo, la capitale francese piange nuove vittime del terrorismo. Il bilancio della nuova strage è di 129 morti, 352 feriti di cui 99 gravi.
La vulnerabilità alle minacce interne ha aperto più di una querelle sulla capacità più o meno dubbia dell’intelligence di prevedere le mosse degli attentatori o i piani degli attacchi sferrati con una sincronia perfettamente architettata.
Se da una parte appare improbabile che i servizi o le forze di polizia possano assicurare la sicurezza di ogni luogo pubblico o della vita sociale cittadina, dall’altra si cerca di capire quali mezzi di comunicazione siano stati utilizzati per pianificare e concertare gli attacchi.
L’accusato numero uno questa volta non sembra passare per i comuni canali social.
Come espresso dallo stesso ministro degli Interni belga Jan Jambon, il “mezzo” incriminato sarebbe la piattaforma Psn della Playstation 4 della Sony. I terroristi potrebbero essersene serviti, in quanto la stessa risulterebbe “ancora più difficile da intercettare di Whatsapp”.
Il sistema – relativamente low-tech – può offrire un mezzo più sicuro di comunicazione di telefonate anche criptate e testi e-mail.
La PS4 permette di comunicare tramite alcune opzioni come l’invio di messaggi tramite la piattaforma PSN, la comunicazione durante i giochi online e le e-chat vocali.
Edward Snowden nel 2013 avrebbe rivelato che la NSA e la CIA si sarebbero più volte servite della piattaforma per infiltrarsi in “incontri virtuali terroristici” durante giochi come Call of DutyWorld of Warcraft.
Considerando i flussi di frequenza della piattaforma PSN, con 110 milioni di utenti di cui 65 i frequentemente attivi, la console sarebbe perfetta per scambiarsi messaggi, direttive e informazioni in un ambiente relativamente sicuro.
La maggior parte dei giochi di gruppo riguarda giochi di guerra, terrorismo internazionale e servizi, l’Isis non dovrebbe sforzarsi neppure troppo di celare il contenuto delle conversazioni, considerando che non risulterebbe sospetto parlare di attentati. isiscall
Se ancora non è certo l’uso della stessa per la concertazione degli attacchi di Parigi – nonostante il ritrovamento di una console a Bruxelles presso l’abitazione di uno degli attentatori – alcuni fatti spiacevoli hanno già verificato la possibilità che il canale sfugga ai controlli di sicurezza in merito alla comunicazione.
Lo scorso maggio, un quattordicenne austriaco di origine turca è stato condannato dalla corte di Sankt Poelten a due anni di carcere, per aver scaricato sulla sua Playstation lo schema per costruire una bomba. Secondo i giudici il ragazzo era entrato in contatto con alcuni militanti dell’ISIS in Siria, per questo motivo sarebbe stato accusato di terrorismo.
Se davvero l’Isis si servisse di questo canale per veicolare messaggi ci si muoverebbe su un doppio binario di difficoltà. Da una parte quelle legate alla privacy e all’ingerenza nella vita di persone comuni, dall’altra la stessa sicurezza potrebbe essere minacciata da un’effettiva incapacità di tracciatura. Se tracciare messaggi, e-mail, chiamate e conversazioni Facebook risulta più semplice, anche per i taciti accordi dei colossi di fornitura di questi sistemi, dall’altra risulta ancora complesso muoversi sul controllo degli indirizzi IP, inoltre una semplice analisi basata sul mero linguaggio utilizzato comporterebbe un buco nell’acqua. La stessa Sony non potrebbe assicurare una forma di collaborazione, considerando che questo significherebbe rivedere in toto il mercato di console e videogiochi.
Il califfato – fautore di un ritorno alle origini incondizionato – sfrutta nuovamente l’Occidente su un campo di battaglia che gli appartiene, ma in cui l’Isis ha imparato a muoversi con più abilità.
Se da una parte l’attacco al Bataclan diventa il simbolo di una lotta contro i mali moderni, dall’altra quegli stessi mali che siano Twitter, Instagram, Whatsup o la Playstation4 possono essere sfruttati in un senso machiavellico del termine in cui “il fine giustifica i mezzi”, la distruzione dell’Occidente infedele.

Melania Fiori

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