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Lavoro, aboliti i voucher: come risolvere il problema creandone uno più grande

by Filippo Burla
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lavoro voucherRoma, 17 mar – Per la serie “mettere una toppa peggiore del buco”. E’ così che il governo, alle prese con il pericolo referendum (destinato, se le misure verranno effettivamente varate, a non tenersi) fissato per fine maggio, ha affrontato la questione voucher, che tanto ha fatto discutere negli ultimi tempi.

Nati a margine della riforma Biagi, i voucher sono stati creati per retribuire quelle prestazioni di lavoro occasionale fino ad allora sfuggite all’occhio di Inps e Inail, oltre che del fisco. Non senza problemi, specie dal punto di vista previdenziale, ma la buona intenzione alla base dei buoni lavoro sembrava azzeccata, sia dal punto di vista dell’amministrazione pubblica (con l’emersione del nero) che da quella del dipendente (maggiormente tutelato con la regolarizzazione della sua posizione). Con il passare degli anni, tuttavia, la loro possibilità di utilizzo è stata estesa a numerosi ambiti oltre agli originari, dando il là a veri e propri abusi. Basti pensare ai numerosi rapporti configurabili come subordinati e a tutti gli effetti a tempo pieno, retribuiti però a suon di voucher come fossero prestazioni una tantum. Circostanza, quest’ultima, non facilmente sanzionabile stante la difficoltà nel dimostrare la condotta irregolare del datore di lavoro.

Da qui la proposta referendaria lanciata dalla Cgil, non senza ipocrisie visto che la stessa associazione sindacale è stata colta sul fatto con le mani nella marmellata. La commissione lavoro della Camera interviene però con un deciso tratto di penna: via i voucher, tout court. Senza valutazione caso per caso, senza troppe remore: i buoni lavoro saranno acquistabili ancora per poco e spendibili fino al 31 dicembre di quest’anno. Dal primo gennaio 2018 non esisteranno più.

Un colpo di spugna. Perché sì, è vero che i voucher hanno creato situazioni al limite, ma è anche vero che era possibile pensare a soluzioni che intervenissero per mitigare gli effetti negativi di una idea comunque valida nei presupposti. Nei giorni scorsi erano circolate proposte intermedie fra lasciare la situazione così com’è e tornare d’emblée alla situazione precedente. Dai limiti annuali alle categorie abilitate all’acquisto (si era parlato di famiglie e imprenditori senza dipendenti), dai tempi alle prestazioni per poterli usare, la discussione sembrava poter dare buoni frutti. Nulla di tutto questo: si butta via il bambino con l’acqua sporca, con il rischio che in migliaia tornino nel limbo del lavoro nero.

Filippo Burla

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Luca 18 Marzo 2017 - 8:30

CGIL di merda

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