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Lotta all’Isis: il grande bluff americano

by Mattia Pase
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McCain IsisDamasco, 27 dic – A tre mesi dall’inizio dei bombardamenti russi sulle postazioni dei terroristi dell’Isis e Al Nusra in Siria, che sembrerebbero aver capovolto le sorti del conflitto, a vantaggio del legittimo governo siriano, c’è chi si chiede come mai più di un anno di attacchi statunitensi non avessero minimamente scalfito il potenziale militare dello Stato Islamico. Fatti salvi alcuni limitati quadri operativi, come ad esempio nel caso della cittadina curdo-siriana di Kobane, in realtà l’Isis aveva subito perdite risibili dalle operazioni militari a stelle e strisce. Si è ipotizzata, fra le cause, una certa prudenza, finalizzata ad evitare i danni collaterali che tanto avevano danneggiato l’immagine di Bush in Afghanistan e Iraq, e che un Premio Nobel per la pace avrebbe preferito evitare. Anche se immaginare i comandi dell’Usaf improvvisamente intimiditi e ansiosi di non ferire donne e bambini è qualcosa di poco realistico. E’ stata tirata in ballo anche la confusione sul campo, con le linee del fronte che si incrociano in modo tale da rendere difficili gli attacchi sui gruppi presi di mira senza colpire anche quelli che si intende supportare, e fra l’altro la grande quantità di milizie impedirebbe una corretta distinzione fra soldati e bande terroristiche, rendendo difficile l’identificazione dei bersagli.

Tuttavia, stando a una serie di rivelazioni fatte dai piloti americani, e trapelate su alcuni blog indipendenti, bollati come poco attendibili dal New York Times, ma che tuttavia continuano a riportare testimonianze analoghe, la scarsa efficacia dei bombardamenti sarebbe da attribuire a un piano ben preciso, coordinato dal Senatore John Mc Cain (il candidato alle primarie presidenziali nel 2000 e alla Casa Bianca nel 2008, l’anno del trionfo di Obama), e studiato in collaborazione con Arabia Saudita, Israele e Turchia. In sostanza, una parte dell’establishment statunitense, accusata di aver in qualche modo contribuito alla creazione dell’ISIS, insieme ai tre Stati sopra citati, avrebbe fatto in modo di depotenziare la campagna militare, a cui gli Stati Uniti erano stati più o meno costretti dall’impatto mediatico di alcune stragi compiute dai miliziani di Al Baghdadi e dal rischio dell’imminente caduta di Kobane.

Stando a quanto riportato sul New Eastern Outlook Journal da Gordon Duff, veterano del Vietnam e curatore di alcuni siti molto critici sia con i Democratici che con i Repubblicani, ai piloti sarebbe stato ordinato di evitare alcuni obiettivi, per concentrarsi su obiettivi di secondaria importanza, in modo da non creare danni gravi all’Isis. A grosse formazioni militari e importanti convogli di autobotti, che evidentemente trasportavano petrolio di contrabbando, una delle principali fonti di finanziamento dei Jihadisti, sarebbe stato permesso di proseguire indisturbate, ordinando ai piloti di non aprire il fuoco. Nonostante, si precisa, si trovassero in territori isolati e lontani da centri abitati, cosa che avrebbe escluso qualsiasi danno collaterale. Se da un lato riesce difficile immaginare i generali statunitensi impegnati, per ordine di McCain e di qualche alto papavero del Pentagono, a proteggere i miliziani che avrebbero dovuto distruggere, e si tratta comunque di voci la cui veridicità è tutta da dimostrare, dall’altro tre elementi potrebbero rendere plausibile la ricostruzione fatta da Duff.

Il primo, già citato, è la pochezza dei risultati raggiunti in un anno. Fatta salva la riconquista e la messa in sicurezza di Kobane, e qualche altro limitato successo, i bombardamenti americani non avrebbero fatto retrocedere di un metro le forze dell’Isis, a differenza di quanto accaduto da quando è operativa l’aeronautica russa. Il secondo riguarda i legami dello stesso McCain con alcuni settori della composita opposizione siriana. I confini fra la cosiddetta “opposizione moderata” e i gruppi estremisti sono piuttosto labili. Ad esempio, Al Nusra, che in origine era alleata dell’Isis, e che ora affianca – temporaneamente e parzialmente – quello che resta dell’Esercito Libero Siriano, è notoriamente affiliata ad Al Qaeda, e sembra che McCain abbia buoni rapporti con questo gruppo. Sul sito del rivale Ron Paul, a marzo è addirittura uscito un articolo intitolato “McCain sta con l’Isis?”, in cui, senza troppi giri di parole, il senatore viene accusato di coltivare amicizie più che discutibili. Il terzo e ultimo elemento riguarderebbe il dispiegamento delle forze aeree americane che, stando sempre alle informazioni riportate da Duff, avrebbe portato avanti la gran parte degli attacchi con vecchi F16, invece di usare i moderni B1B e i B52 di stanza in Qatar, utilizzati solo a Kobane e poi “congelati” nella base di Al Udeid. Sempre restando in tema, pare che gli A10, gli aerei più adatti per attaccare convogli blindati o corazzati, non siano mai stati impiegati. Il che solleverebbe più di una domanda, visto che la forza dei Jihadisti sta proprio nella capacità di muovere rapidamente ingenti forze da un punto all’altro del fronte, a bordo di pick up, ma anche di Humvee e di blindati “rubati” all’esercito iracheno.

Un diluvio di domande e di dubbi, insomma. Acuiti dal fatto che sempre più spesso trapelano ulteriori indiscrezioni sul coinvolgimento degli Stati Uniti nella creazione dell’Isis (l’ultima a parlarne, in ordine di tempo, è stata la rivista Limes), strumento che a Washington sarebbe servito per contrastare i gruppi sciiti filo iraniani dell’Iraq e naturalmente gli Alawiti di Siria, spezzando così il sogno sciita di creare un’area religiosamente e politicamente omogenea che vada dalle coste del Libano alle montagne dell’Afghanistan. In un secondo tempo, come spesso accade, lo strumento sarebbe sfuggito al controllo dei suoi burattinai, che si sono visti costretti dall’opinione pubblica ad intervenire. Queste indiscrezioni – che accusano il Pentagono di non aver mai voluto colpire veramente l’Isis – gettano più di un’ombra su questo intervento. Facendolo assomigliare a un bluff, ordito da esperti giocatori di poker.

Mattia Pase

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5 comments

Massimo 28 Dicembre 2015 - 7:54

La storia insegna che quando hanno voluto i bombardieri li hanno usati uccidendo milioni di civili durante il secondo conflitto …..ed anche in altre guerre
Dresda per esempio ( non citiamo tutte le atre città) erano tutti civili altro che militari cattivi

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Massimo 28 Dicembre 2015 - 8:48

Come sono stati dimenticati tutti i civili uccisi con i bombardamenti in Giappone
Centinaia di migliaia prima ancora di Yroshima e Nagasaki

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Massimo 28 Dicembre 2015 - 8:50

I civili non vanno bombardati , la cosa vale per tutti ma la storia ci insegna che ci sono civili di serie a e di serie b….

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Massimo 28 Dicembre 2015 - 9:05 Reply
Nicola Bizzi 3 Gennaio 2016 - 12:18

Ottimo articolo, che condivido ampiamente. Non viene però fatto cenno al vero “bandolo della matassa”, ovvero che l’Isis non è una creazione americana, come lo fu a suo tempo Al Qaeda, ma un’operazione ideata e pianificata da una potente loggia massonica trans-nazionale chiamata Hathor Pentalpha, fondata alla fine degli anni ’90 da George Bush. Una loggia nata da una scissione della storica Three Eyes (quella di cui fanno parte personaggi come Giorgio Napolitano, Mario Draghi, Christine Lagarde e Zbigniew Brzezinski), che tanto ha condizionato la politica europea, e in particolare quella italiana, negli ultimi decenni e della quale è stato a lungo referente Licio Gelli.
Della loggia Hathor Pentalpha fanno parte, oltre al clan familiare dei Bush al completo, buona parte dei neo-cons americani e personaggi come Tony Blair, Nicholas Sarkosy, Benjamin Netaniahu, molti membri della famiglia reale saudita e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Secondo fonti autorevoli, anche il sedicente “califfo” Abu Bakr Al Baghdadi sarebbe stato affiliato a questa loggia già diversi anni prima della proclamazione del califfato.
Si tratta quindi di un’operazione molto pericolosa, che va ben al di là delle decisioni e delle possibilità dei singoli stati, U.S.A. compresi.
Barak Obama, massone di 33° grado, è membro di un’altra loggia sovranazionale, la Maat, avversa alla Hathor Pentalpha, ma si ritrova con le mani legate perché deve fare i conti con delicati equilibri massonici interni ed esterni.
Si tratta quindi di uno scontro tutto interno a potenti logge massoniche trans-nazionali. E’ fondamentale che queste cose si sappiano e che divengano di pubblico dominio.

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