Home » Nagorno-Karabakh, Strasburgo dà ragione all'Azerbaigian

Nagorno-Karabakh, Strasburgo dà ragione all'Azerbaigian

by La Redazione
1 commento

Nagorno-KarabakhRoma, 13 lug – Botta e risposta tra Armenia ed Azerbaigian sulla sentenza espressa lo scorso 16 giugno 2015 dalla Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) in merito al caso “Chiragov ed altri contro l’Armenia” che ha visto riconosciute le violazioni dei diritti dei cittadini azerbaigiani causate da parte del Governo di Yerevan e suscitato le reazioni di entrambi i ministeri degli esteri.
La sentenza è stata emessa in uno dei periodi di maggiore difficoltà per la Repubblica di Armenia che nel mese di giugno ha dovuto affrontare il problema delle proteste di piazza a Yerevan per il rincaro del prezzo dell’energia elettrica, e le relative accuse di uso della forza improprio da parte delle forze di polizia nei confronti dei manifestanti [1], e rivedere la sua dipendenza economica, energetica e commerciale dalla Federazione Russa che ha oramai inglobato lo Stato armeno all’interno della sua orbita. Al contempo l’Azerbaigian era invece impegnato con gli European Games di Baku, manifestazione sportiva continentale che ha permesso di mettere in luce il progresso economico e tecnologico che sta registrando il paese, a fronte anche della caduta del prezzo del petrolio vista in maniera allarmante da numerosi specialisti del settore anche per il paese caucasico, e la continua polemica con le organizzazione dei diritti umani.
Poco prima che Yerevan fosse scossa dalle proteste di piazza, il 16 giugno 2015 veniva emessa la storica sentenza della CEDU in favore dei ricorrenti azerbaigiani i quali, avendo presentato ricorso (nello specifico Ricorso n. 13216/05) contro la Repubblica di Armenia il 6 aprile 2005, vedevano per la prima volta riconosciuti i loro diritti mediante un organismo internazionale che nel contempo sottolineava, secondo quanto espresso da Baku, come il Governo armeno fosse stato direttamente coinvolto nel conflitto del Nagorno – Karabakh e avesse supportato la nascita e la sopravvivenza della Repubblica del Nagorno – Karabakh smentendo quanto fino ad ora affermato da Yerevan.
Il caso “Chiragov ed altri contro l’Armenia” contestualizzato nel conflitto del Nagorno – Karabakh
I cittadini azerbaigiani di etnia curda Elkhan Chiragov, Adishirin Chiragov, Ramiz Gebrayilov, Akif Hasanof, Fekhreddin Pashayev e Qaraca Gabrayilov (morto nel 2005 e sostituito nel ricorso dal figlio) avevano chiesto giustizia alla CEDU dichiarando che nel 1992 furono costretti ad abbandonare le proprie case nel distretto di Lachin a causa del conflitto tra Armenia ed Azerbaigian per il possesso del Nagorno – Karabakh senza potervi fare più ritorno, vedendo così negati i propri diritti fondamentali.
Le origini del conflitto risalgono al 1988; nel settembre del 1991, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, il Consiglio del Nagorno – Karabakh annunciò la creazione della Repubblica del Nagorno – Karabakh (NKR) a seguito di un referendum svolto nel dicembre, boicottato dalla popolazione azera di questa regione, che vide il 99,9% dei votanti armeni scegliere per la secessione della regione dall’Azerbaigian. Nel gennaio del 1992 la NKR affermò nuovamente la sua indipendenza dall’Azerbaigian portando ad uno scontro su larga scala che coinvolse le Forze di Difesa del NKR supportate da quelle della Repubblica di Armenia, anch’essa nata dalle ceneri dell’URSS, opposte a quelle della Repubblica dell’Azerbaigian.
Nel maggio del 1994 venne firmato un armistizio tra le parti sotto l’auspicio dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea (OSCE), primo passo che avrebbe dovuto portare alla pacificazione della regione grazie anche alla creazione del Gruppo di Minsk presieduto da Francia, Russia e Stati Uniti. Come conseguenza del conflitto dal punto di vista territoriale l’Azerbaigian perse circa il 20% del territorio nazionale (Nagorno – Karabakh e sette distretti limitrofi), la NKR riuscì a “sopravvivere” come entità non riconosciuta però né dalle organizzazioni internazionali né dagli altri stati, tra cui anche la stessa Armenia, mentre dal punto di vista umanitario si assistette alla generazione di centinaia di migliaia di rifugiati e sfollati.
Attualmente il conflitto del Nagorno – Karabakh viene etichettato come “congelato” anche se, sulla linea di confine che contrappone le truppe azerbaigiane con quelle armene e di Difesa della NKR, sono soventi le violazioni del cessate il fuoco, dimostrazione di una instabilità della regione e di una possibilità di ripresa delle ostilità.
Analizzando il caso “Chiragov ed altri contro l’Armenia” occorre rilevare come il Distretto di Lachin dove risiedevano i cittadini azerbaigiani fu attaccato diverse volte durante la guerra sia dalle truppe di Difesa della NKR che da quelle della Repubblica di Armenia, secondo quanto espresso dalle testimonianze dei diretti interessati. Il Governo armeno ha sempre sostenuto di non aver partecipato agli eventi e che le azioni militari intraprese all’epoca furono soltanto quelle eseguite dalla Forze di Difesa della NKR e dai gruppi di volontari.
Nel maggio del 1992 il Distretto di Lachin fu sottoposto ad una serie di bombardamenti aerei e, secondo quanto dichiarato nel ricorso, i cittadini azerbaigiani furono costretti a lasciare le proprie case il 17 maggio per trovare rifugio verso Baku, non avendo più la possibilità di far rientro nella propria terra di origine a causa dell’occupazione armena.
Per dimostrare la loro appartenenza a Lachin entrambi i cittadini azerbaigiani presentarono alla CEDU certificati ufficiali (passaporti, carte di identità, certificati di matrimonio, documenti di proprietà terriera, etc. ) che supportassero le loro richieste.
La Corte si è pronunciata in favore dei cittadini azerbaigiani, riconoscendo le violazioni da parte dell’Armenia di una serie di diritti sulla base della Convenzione per la Protezione dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali, in particolare, quelli relativi alla tutela della proprietà (articolo 1 del Protocollo n ° 1 ), il diritto al rispetto della vita privata e familiare (articolo 8 della Convenzione ) e il diritto a un ricorso effettivo (art 13 della Convenzione ).
Le reazioni di Armenia ed Azerbaigian in merito alla sentenza
Ovviamente una sentenza di questo genere non poteva che non generare opposte reazioni a Baku ed a Yerevan spingendo i due governi a fornire la loro visione ed interpretazione di quanto deciso dalla CEDU.
Il Governo di Yerevan ha espresso la propria opinione tramite le parole del Ministro degli Esteri Edward Nalbadian grazie all’intervista del giornale “Aravot” riportata sul sito del ministero il giorno 27 giugno 2015 [2] [3].
In sintesi Nalbadian ha evidenziato come da sempre l’Armenia ha conferito un grande valore alla CEDU e supportato i processi e le riforme che mirano a rafforzare l’efficienza e ad implementare le attività di questo organismo internazionale, ma nello specifico caso “Chiragov ed altri contro l’Armenia” ha voluto evidenziare come il giudizio della Corte sia applicabile soltanto alle questioni inerenti i diritti umani ed ha voluto sottolineare come nel documento stilato dalla Grande Camera non vi è nessuna menzione del fatto che lo Stato armeno sia direttamente connesso con l’occupazione dei territori del Nagorno – Karabakh, confutando quelle che sono state definite dallo stesso ministro armeno “manipolazioni” del Governo di Baku in merito. Inoltre, Nalbadian ha affermato che tale risoluzione non potrà avere nessun effetto sul processo di negoziazione per la pace nel Nagorno – Karabakh e sottolineato come nello stesso giorno era stato affrontato dalla CEDU il caso “Sargsyan contro l’Azerbaigian” che aveva visto la Grande Corte registrare la violazione degli stessi diritti rinvenuti nel caso “Chiragov ed altri contro l’Armenia” nei confronti del cittadino armeno Minas Sargsyan accusatore del Governo azerbaigiano di “averlo forzato a lasciare la sua casa dal villaggio di Gulistan nella regione di Shahumyan e non permettergli di fare ritorno”. [4] [5]
Alla lunga intervista del ministro armeno è seguita quella della controparte azerbaigiana Elmar Mammadyarov, pubblicata dall’AzerTAG e dall’Azeri Press Agency e riportata sul sito del Ministero degli Esteri dell’Azerbaigian lo scorso 7 luglio 2015 [6] [7] [8] , nella quale il ministro azerbaigiano ha voluto rispondere a quanto affermato precedentemente dal collega armeno.
Secondo Mammadyarov la Corte ha rigettato quanto affermato fino ad ora dal Governo di Yerevan e dichiarato che la Repubblica di Armenia, attraverso la sua presenza militare e la fornitura di equipaggiamento bellico, è stata significativamente coinvolta nel conflitto del Nagorno – Karabakh fin dall’inizio e che il supporto militare armeno continua ad essere decisivo per il controllo dei territori in questione.
Dai documenti presentati e dall’analisi della CEDU è stato sottolineato come l’Armenia ha fornito alla NKR un sostanziale e fondamentale supporto politico e finanziario; ad esempio, i cittadini della neonata e contestata repubblica possiedono il passaporto armeno per poter viaggiare all’estero, visto che quello della NKR non è riconosciuto a livello internazionale.
Questi elementi hanno portato la CEDU alla conclusione che la Repubblica di Armenia e la Repubblica del Nagorno – Karabakh sono state effettivamente integrate virtualmente in tutte le questioni fondamentali e che la NKR, e la sua amministrazione, sono sopravvissute in virtù del supporto politico, militare e finanziario fornito da Yerevan.
A supporto di questa tesi Mammadyarov, in linea con quanto fatto da Nalbadian, ha riportato il numero dei paragrafi nei quali sono espresse le accuse all’Armenia di essere direttamente coinvolta nel conflitto ed ha sottolineato come il Governo di Yerevan continui nella sua politica fuorviante nei confronti della comunità internazionale in merito al Nagorno – Karabakh.
Per quanto riguarda il caso “Sargsyan contro l’Azerbaigian” il ministro azerbaigiano ha dichiarato che tale ricorso è stato presentato dalla parte armena a seguito di quello fatto dall’Azerbaigian con l’intento di voler mitigare il giudizio della CEDU per quel che riguarda la violazione dei diritti umani su grande scala nei confronti dei cittadini azerbaigiani come risultato dell’occupazione dei territori dello Stato azerbaigiano da parte delle truppe armene. Nello specifico, Mammadyarov ha voluto citare il paragrafo 218 in cui veniva enfatizzata la possibilità data a Sargsyan di fare ritorno nel suo villaggio nativo di Gulistan nel distretto azerbaigiano di Goranboy.
Giuliano Bifolchi 
[1] Armenia, la protesta mette in luce l’instabilità del paese, Notizie Geopolitiche
[2] Azerbaijan again tries to shift the negotiation process of the conflict settlement to other formats, mislead the international community, Aravot
[3] Foreign Minister Edward Nalbandian’s interview to daily newspaper “Aravot”, Ministry of Foreign Affairs of the Republic of Armenia
[4] Case of Chigarov and others vs. Armenia, European Court of Human Rights
[5] Affaire Sargsyan c. Azerbaidjan, European Court of Human Rights
[6] Ermənistan Avropa İnsan Hüquqları Məhkəməsi kimi nüfuzlu təsisatın qərarını həyasızcasına manipulyasiya etmək cəhdlərindən utanmır, AzerTAG
[7] Azərbaycanın xarici işlər naziri: “Avropa Məhkəməsinin qərarı həmsədrlərin fəaliyyətini də istiqamətləndirməlidir”, Azeri Press Agency
[8] Interview by Foreign Minister Elmar Mammadyarov on the case of Chiragov and others v. Armenia, Republic of Azerbaijan – Ministry of Foreign Affairs
 

You may also like

1 commento

Anonimo 18 Luglio 2015 - 1:17

con la credibilità che ha la corte di Strasburgo questa notizia conferma che il denaro azero apre tutte le porte dei nostri prezzolati rappresentanti

Reply

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati