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L'anomalia del sistema pensionistico italiano e i professionisti dell'indignazione

by La Redazione
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Roma, 10 apr – Il reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia del Movimento Cinque Stelle, esiste già per otto milioni e trecentomila pensionati. Incassano tutti i mesi l’assegno senza mai aver versato una lira di contributi o quasi. Sono totalmente a carico dell’assistenza pubblica, o meglio, delle tasse di noi tutti. L’altra metà dei sedici milioni di pensionati, che invece hanno lavorato per quarant’anni di fila versando tutti i mesi più di un terzo dello stipendio per garantirsi la vecchiaia, continua ad essere tosato dal fisco e vessato da periodici “contributi di solidarietà” sugli importi più elevati, solo per pagare le pensioni concesse a sbafo.
Non bastasse l’iniquità di un simile sistema, gli otto milioni di cittadini a riposo onesti devono pure sorbirsi un giorno sì e l’altro pure, le invettive dei “professionisti dell’indignazione” che in televisione, sui giornali, in libreria, li bollano come “parassiti”, “vampiri”, “sanguisughe”. Predicatori interessati più agli indici di ascolto, che guadagnano centinaia di migliaia di euro all’anno (e che altrettanti se li sono assicurati con la pensione) ma fanno i conti solo nelle tasche altrui seminando zizzania e odiosi scontri generazionali. Per meglio comprendere l’anomalia della previdenza italiana, basta scorrere il Quarto Rapporto sul bilancio delle pensioni elaborato dal Centro Studi e Ricerche di “Itinerari Previdenziali” presentato di recente alle commissioni parlamentari con l’analisi della spesa totale per la protezione sociale.
Il quadro d’insieme evidenzia una spesa elevata ma sostenibile, con una forte crescita, però, di quella puramente assistenziale. In Italia la spesa complessiva per le pensioni ammonta a 217,8 miliardi di euro. Quella assistenziale pesa per 103,6 miliardi di euro. Ma se la prima – come conferma “Itinerari Previdenziali”, la Bibbia del settore – è finanziata dai contributi (pari a 172,2 miliardi di euro, quindi più della spesa), la seconda è completamente a carico della fiscalità generale. Con i soldi di tutti vengono cioè “coperte” oltre otto milioni e 300mila prestazioni, tra pensioni assistite totalmente o parzialmente su una platea complessiva di 16 milioni di pensionati. Tutte le riforme che hanno caratterizzato nel corso degli ultimi anni il sistema della previdenza pubblica, compresa l’ultima legge Fornero che ha introdotto requisiti più rigorosi, dimostrano che comunque il saldo fra entrate e uscite è sostanzialmente stabile. “Tutto questo – spiega il presidente di “Itinerari Previdenziali” Alberto Brambilla, il maggior esperto italiano di questioni previdenziali- dovrebbe indurre a maggiore prudenza nel proporre tagli alle pensioni, deindicizzazioni varie e contributi di solidarietà”.
E invece no. Le pensioni degli italiani onesti, quelli che hanno regolarmente versato i contributi, continuano ad essere usati come “bancomat” da tutti i governi. Il primo ad aver introdotto il ”contributo di solidarietà” sulle pensioni degli italiani nel 2011 è stato l’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, su pressioni della “Troika” europea che poi lo costrinse a dimettersi. Tutti i governi che si sono succeduti dopo hanno fatto a gara per reintrodurre il ticket sulle pensioni di importo più elevate, il cui ricavato è stato gestito in piena autonomia e con criteri spesso discutibili dai singoli enti previdenziali, pubblici o privati. Sordi a ogni richiamo della Corte Costituzionale sulla sostanziale illegalità del prelievo, i governi di centro sinistra, negli ultimi cinque anni non hanno poi esitato, per fare cassa, a deicindizzare le pensioni dai millecinquecento euro in su, cioè sulla maggior parte dei trattamenti del ceto medio, impoverendolo con la scusa del “patto generazionale” a favore dei giovani.
In realtà tutti i quattrini prelevati ingiustamente con il contributo di solidarietà e quelli risparmiati con i mancati adeguamenti agli indici Istat, sono serviti e servono solo a pagare le pensioni degli otto milioni e trecentomila italiani che non hanno mai versato un centesimo, con buona pace, si spera, dei “Professionisti dell’Indignazione”.

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L’ANOMALIA DEL SISTEMA PENSIONISTICO ITALIANO E I PROFESSIONISTI DELL’INDIGNAZIONE – Stopeuro 11 Aprile 2018 - 10:42

[…] via Il Primato Nazionale […]

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Previdenza sociale: i quarantenni precari andranno in pensione a 73 anni? | NUTesla | The Informant 22 Luglio 2019 - 6:05

[…] meno regolare) e le riforme che hanno introdotto un sistema puramente contributivo (Dini, Fornero) causerà gravi danni alle nuove generazioni. Molti quarantenni di oggi rischiano di vedere la pensione non prima dei 73 anni. A lanciare […]

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